Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



Per scaricare il poliziesco pentadimensionale I delitti di casa Sommersmith, andate qui!!!

sabato 30 marzo 2013

Le pagelle della settimana (Happy Easter's edition)

Gesù risorge, il Governo italiano no. Ma andiamo con ordine, chè parecchia gente ha fatto parlare di sé in questi giorni.

Magdi- ex Cristiano- e adesso chissà - Allam: a parte che la sua abiura della religione abbracciata cinque Pasque fa ha fornito materiale a quelli di Spinoza.it come non succedeva da un bel po' di tempo, restiamo sinceramente sconcertati dai salti della quaglia di costui. Per chi si fosse messo in ascolto solo ora, ricordiamo che l'Allam, egiziano di origini, ma naturalizzato italiano, fu vicedirettore del Corriere della Sera nei periodi caldi del conflitto occidente-Islam con annessa seconda guerra del Golfo all'indomani dell'11 settembre. L'incarico non stupì, essendo costui profondo conoscitore della realtà islamica, nonché fiero avversario dell'Islam radicale, a suo giudizio peraltro l'unica forma possibile di Islam, cosa che lo costringe da allora a girare con la scorta per timore di ritorsioni (per analogia, se un giorno una banda armata di bimbominkia commettesse qualche reato da prima pagina su tutti i giornali del mondo, il posto da vicedirettore al Corriere spetterebbe a me). Ebbene, nel 2008 l'Allam, dopo un lungo e documentato cammino interiore, passa al Cristianesimo, ricevendo il battesimo da Benedetto XVI (pure questa gli hanno fatto fare...) e aggiungendosi il secondo nome di Cristiano: nell'insegnamento di Gesù, diceva allora il neofita, si trovavano quegli elementi di umanità, di solidarietà e di speranza che una religione integralista come l'Islam, che riduce i suoi fedeli al rango per l'appunto di muslìm, cioè servi, nega alla sua origine. Poi tutta la roba della jihad eccetera. poi la fondazione di un partito di ispirazione cristiana, eccetera. Oggi l'ex neofita e fresco apostata rinfaccia al Cattolicesimo una eccessiva condiscendenza nei confronti della religione isalmica, manifestata sia da Wojtyla che da Ratzinger che da Bergoglio (ullallà, il primo che ha osato criticare Papa Francesco... Il fantasma di Torquemada si riattizza tutto...). L'Europa, a suo dire, si avvia a diventare suddita di un Islam sempre più violento ed inarrestabile (in sottordine, pare pure di capire che la presenza di due Papi in contemporanea gli provochi una fastidiosa diplopia...). Morale, continuerà a credere in Gesù, ma non nella Chiesa di Roma.
Maddaleno caro (si traduce così il tuo nome, sì?), vorrei ricordarti sommessamente che un tal Durante detto Dante Alighieri, all'epoca in cui la gente pensava ancora che dopo Saturno ci fosse Luke Skywalker e basta, non aveva smesso di essere cristiano o di dichiararsi fedele alla Chiesa solo perché si trovava in leggero disaccordo con la condotta di quasi tutti i Papi viventi o morti di cui avesse memoria; un conto erano i nepotismi e le mene assortite di Niccolò III, Bonifacio VIII o Clemente V, altri erano i fondamenti della fede dantesca, che nemmeno il più corrotto dei pontefici poteva scardinare. Ora tu, già transfuga da una religione monoteista, ti dichiari insoddisfatto di quella verso cui sei fuggito. A parte che adesso, se vuoi restare in ambito di religioni rivelate, ti è rimasto solo l'Ebraismo, e ti voglio vedere a rispettare tutti i divieti dello Shabbath, credi davvero che questo vagabondaggio perpetuo possa essere preso sul serio? Cosa vuol dire: "Credo in Cristo e non nella Chiesa"? Vuoi tenere un piede nel protestantesimo? Non so, vuoi provare un nirvana a scottadito e verificare subito dopo se Brahma è più cattivo di Visnù? Hai bisogno di un Papa à la carte che dica e faccia quel che vuoi tu come pre-condizione della tua permanenza nel Cristianesimo? Tu sai che i cambi di religione se li possono permettere i campioni di boxe o le cantanti pazze, che da Madonna si fanno chiamare Esther e dopo ritornano Madonna, perché le vendite degli album non sono salite?
Questo nevrotico saltabeccare di confessione in confessione, peraltro senza veri fondamenti teologici, ma solo in base a presunti comportamenti inadeguati delle alte gerarchie, sa francamente di capriccio mediatico, su. Sarai pure un'anima tormentata, non dico di no, ma dovresti aver capito da mo' che gli errori umani passano, ma l'essenza della fede resta. La tua insoddisfazione, umanissima e comprensibile, sia chiaro, nasce però da fattori di morale pratica, cioè da scelte, dichiarazioni, comportamenti, non da questioni dottrinali e ciò non ti autorizza, mea quidem sententia, a pestare i piedi ed andartene sdegnato. In altre parole: se Bergoglio si fosse affacciato a S. Pietro e avesse detto che in fin dei conti avevano ragione i monofisiti a negare la natura umana di Gesù; se Ratzinger fosse comparso una mattina in mezzo ai fedeli a Castel Gandolfo a dichiarare che il giorno del Giudizio universale sarà simile ad un casting e saranno salvati i più litigiosi; se qualcuna delle nobili porpore del Conclave se ne fosse uscito con dichiarazioni che mettevano in dubbio l'autorità di Pietro sugli altri apostoli, allora io stesso avrei cominciato a nutrire dubbi sul Cristianesimo ammannitomi fin qui. Ma se l'oggetto del contendere sono presunte mollezze nei confronti dei musulmani, o anche la sorprendente compresenza di  Papa ed ex-Papa in Vaticano, il tuo dovere è quello di alzare la voce, proporre, eccepire, consigliare, ma fare i bagagli è un atto talmente inutile e infecondo che fa quasi ridere. La religione non è un paio di pantaloni da buttare quando non ci si entra più. O si crede, anche accettando la fallibllità e l'imperfezione dei compagni di fede, o si fa prima a restare in un improduttivo laicato, bravi solo a fare i teorici della moralità altrui. Voto 4,5 (mezzo voto in più perché non hai ancora deciso di abbracciare lo shintoismo).

Franco Battiato: l'Illuminato dell'Etna, forse deviato dalla comune isoglossa accadica delle parole greche che significano "ape" e "ninfa", ha deciso di dare della ninfa a tutte le occupanti l'alveare montecitoriale e palazzomadamesco (o, più probabilmente, stava informando il pubblico bruxellese di una variante al testo de I treni di Tozeur che, invece che con Alice, avrebbe dovuto eseguire all'Eurofestival del 1984 con Ilona Staller). Come che sia, al netto delle patetiche scusanti ("mi riferivo al governo precedente", come no, stavi usando l'aoristo gnomico, allora?) e dei provvedimenti-omnibus del governatore della Sicilia, che ha colto la palla al balzo per togliere la delega sia a Battiato che a Zichichi ("Uno che, ad ogni riunione della giunta, parlava solo di raggi cosmici", vabbe', anche il dottor Kabuto, che male c'è?), morale, la supponenza degli artisti italiani, specie dei cantanti, la convinzione di essere profeti di Verità oltre ogni critica si conferma nuovamente. Vojo di': su certi discutibili curricula pre- ed extra- parlamentari di certe deputate di oggi e di ieri si sa e si è detto molto. Ma perché andare a lavare i panni sporchi in un'occasione europea in cui si deve pubblicizzare il bello della Sicilia? Ma parlane quando sei tornato, no? No, perché l'artista italiano engagé, specie quello che fa professione di non esserlo, deve sempre far vedere che lui non è 'di quelli là', che la sua italianità è di qualità diversa, che lo scribacchiar canzonette su stagioni dell'amore, correnti gravitazionali, gesuiti euclidei e cinghiali bianchi autorizza automaticamente a farsi alfiere della Verità e del Bene, ovviamente facendo di ogni erba un fascio, perché il vero profeta biblico condanna TUTTO  Israele, mica quelli della tribù X e non quelli della tribù Y. No, Francuzzo, tu devi cantare e tenerti certi giudizi tagliati con l'accetta in tasca, specie in contesti internazionali, sennò fai come certi tifosi juventini (la Spocchia, per dire) che gioiscono scioccamente quando l'Inter perde in Champions. In sostanza: tra di noi dividiamoci pure in Guelfi e Ghibellini, ma di fronte all'Europa mostriamoci italiani e difendiamoci reciprocamente più che si può, o almeno infamiamoci il meno possibile (visto che LORO, gli eurofighetti, hanno già il chilo amaro nei nostri confronti). Voto 3.

I partiti che si stanno sbranando Parlamento e credibilità: detto pure che l'ultima trova di Napolitano di istituire due sub-commissioni di 'saggi' all'interno delle quali si va da Onida a Quagliariello (come convocare in nazionale Oliver Hutton e Sbirulino) è a dir poco desolante (non per l'idea in sé, ma per il contesto, ovviamente), non possiamo che registrare e censurare comportamenti politici al confronto dei quali le strategie e i sotterfugi della prima Repubblica sembrano il gioco della pulce. Anche ai non rimpianti tempi di Craxi, Andreotti, De Mita e compagnia si assisteva a tattiche di corteggiamento assurde, giochini, pacchetti di voti, franchi tiratori, maggioranze dissolte in capo a una sera, elezioni anticipate per non si sa che motivo, ma mai, MAI abbiamo visto forze politiche che, a Parlamento insediato, si incaponissero a tentarle tutte per NON far nascere il Governo. E non c'entra la diversa legge elettorale: qui siamo di fronte ad un delirio di immaturità pari solo a quello che esibiscono certi pazzi (e sopratutto certe pazze)  quando c'è da organizzare la cena degli ex-compagni del Liceo e puntualmente ne trovi due o tre che dicono: "Ah, scusa, verrei volentieri, ma se c'è anche quella là no, perché non l'ho mai sopportata in cinque anni..." e cose simili. Ecco, PD, PDL e M5S sono a questa stregua e non si decidono ad accordarsi per timore di chissà quale perdita: tutti convinti di aver vinto (e passi, anche a quei tempi...), tutti gelosi dei propri numeri (e passi...), tutti attenti a non deludere il rispettivo elettorato (e passi...), ma a quei tempi non c'era una crisi finanziaria paragonabile a quella di oggi, né l'Europa rischiava come oggi di finire stritolata tra USA e Cina. C'era la Guerra Fredda, d'accordo, ma il sistema di pesi, contrappesi, veti, controveti, minacce atomiche più o meno palesi riusciva miracolosamente a tenere in piedi la baracca e a fare dell'Europa, e dell'Italia in particolare, una cerniera nevralgica degli equilibri mondiali, sì che tutto si sarebbe voluto fuorché una nostra capitolazione, ed ecco arrivare puntuali sovvenzioni d'ogni sorta pur di consentire ai politicanti di allora, nel desolante spettacolo partitocratico che già si metteva in scena, una dignitosa, per quanto ipocrita, sopravvivenza. Oggi diamo prova della volontà di non voler rimettere in moto il Paese, ma lo facciamo essendo considerati i malati d'Europa per tutte le ragioni che sappiamo: nessuno si fida di noi, abbiamo la spada di Damocle dello spread sulle capocce, non ci hanno ancora buttato fuori dall'Euro solo perché Roma, Venezia e Firenze non si possono smontare e rimontare altrove, e noi? Noi qui, a litigare come i bimbominkia, ad aspettare che un'illustre commissione di saggi, messa insieme per non andare d'accordo su nulla (Violante + Giorgetti? Ma per favore...), fornisca una lista di priorità di massima al Presidente che fra due settimane non ci sarà perché le giri al Governo che non c'è. Se non è Ionesco, o Beckett, siamo lì. Voto 2.

Gianni Riotta: l'ottimo giornalista, in  occasione della defunzione di Enzo Jannacci (o Giannacci, come lo chiamò per cinque sere di seguito la nota intellettuale Paola Dominguin, presentandolo a Sanremo 1989) ha twittato una cosa stramberrima: "El purtava I scarp del del tennis Vincenzina Mexico e Nuvole Mario Bobo Merenda Addio Enzo Jannacci e le chiacchiere a NY sulla VI Avenue". Sui titoli delle canzoni buttati a cascata, nulla da dire. Ma è quel riferimento alla Sixth Avenue a NY che, se non nasconde altri sottintesi che potrebbero pure sfuggirmi non essendo io un Jannacciologo, conferma una volta di più perché una sinistra normale al governo in Italia non ci sarà mai. Che Jannacci sia stato in USA non fa problemi. Che Riotta tenda a sottolineare di aver amabilmente dialogato con lui a Nuova York, mica a Quarto Oggiaro, ma neppure ai più modesti attici in San Babila, lascia trasparire il solito sciocco compiacimento narcisista dell'uomo sinistrese che deve sempre mettersi un mezzo gradino al di sopra degli altri: con Jannacci, o New York o niente. Purtroppo il mio primo pensiero è stato esattamente:  "Ma tiratela di meno, va'...". È così che poi la gente vota a destra, l'improntitudine di chi è sempre in stato di eccellenza prima o poi stanca. E anche il dotto giornalista Felice Sarzano gli ha risposto per le rime (sempreché non ci sia qualcosa che mi sfugge, perché mi sembra tutto troppo radical-chic, nel caso mi cospargerò di cenere il capo) e gli ha twittato: "@Riotta: La VI Avenue. Dove tutti siamo abituati a chiacchierare. Soprattutto chi non è mai stato a NY". Voto 5.

lunedì 25 marzo 2013

De novis scholasticis artibus et eorum mirabilibus


Ci dedichiamo ora a quei post per addetti ai lavori che leggeranno solo i professori o quelli attirati dal titolo in latino. Si tratta in realtà della prosecuzione di un discorso che avevo già abbozzato qui, in occasione della nota sparata montiana sul fatto che i docenti italiani brutti e cattivi, ma soprattutto fannulloni, avevano corporativisticamente alzato il muro contro l'aumento di 2 ore (no, Mario, erano 6!!!) dell'orario di cattedra. Conclusi la tirata allora adombrando certe prospettive didattiche che stavano dietro le parole di Marione e soprattutto dietro i cervelli fini che lavorano al Ministero e sono sempre pronti a sintonizzarsi sulle novità che vengono dall'estero, specie quelle deleterie, come l'orribile esperienza del 3+2 universitario insegna ampiamente. La prospettiva in questione è risaltata fuori ieri l'altro in un corposo articolo su La Repubblica, provocandomi non poca orticaria. Si badi, chi scrive, avendo vissuto e in parte subito i guasti della 'vecchia' scuola, diciamo ante- Giubileo, sa benissimo che essa scuola ha bisogno urgente di una ventata di cambiamento, ma si rende conto pure che non tutto il nuovo è automaticamente meglio del vecchio, qualora non lo si applichi con criterio e lo si scelga più per moda che per effettiva efficacia.
In soldonibus: pare che su all'Indire, l'agenzia nazionale che si occupa di cercare terreni fabbricabili per scuole tutte cablate, stiano fermentando idee a dir poco huxleyane circa la futura sistemazione dell'educazione dei giovani virgulti italici, sia dal punto di vista ambientale sia da quello didattico.
In sostanza, in ossequio alle flashanti novità anglo-angliche, i nostri capoccioni hanno di mira la scuola 2.0, ma forse anche quella 3.0. La quale scuola punto zero prevederebbe, una volta trovati quei pochi miliardi necessari a farla partire, miliardi di facile reperibilità, vista l'enorme percentuale di PIL italiano investita nel settore, soprattutto sotto il sudario gelminiano,  prevederebbe, dicevamo, la creazione di classi open-space, ambienti luminosi e interattivi che non hanno più nulla a che fare con  la struttura attuale, organizzata sulla polarità quasi teatrale tra cattedra del professore e banchi degli alunni. Mobilia che sarà sostituita da una sorta di serpentone sinusoidale districantesi lungo tutto la spazio dell'aula, sì che i singoli banchi verranno coagulati in un'unica soluzione, essendo poi le singole postazioni dell'agglutinamento così ottenuto tutte connesse ad internet. In tal modo la lezione perderà i suoi connnotati di barboso concionare insegnantizio per diventare laboratorio multitasking di ricerca, confronto, creazione di materiale interattivo, e i singoli alunni potranno dare il loro contributo, stimolati dalla discussione con gli altri, stimolandola a loro volta. Il tutto riposa sul presupposto che l'argomento specifico della lezione sia stato assegnato il giorno prima dall'insegnante e quindi i cocchi se lo siano più o meno studiacchiato nel pomeriggio, sì che la mattina successiva le nozioni preacquisite serviranno da punto di partenza per la successiva ricerca-dibattito- confronto. Il docente, a questo punto, non dovrà far altro che coordinare i lavori, verificare il loro corretto svolgimento, lanciare spunti dibattimentali stile circle-time, quindi, si suppone, verificare e soprattutto dare il voto al lavoro svolto. Dico 'si suppone', perché, come detto allora, l'idea della nuova figura del docente sarebbe appunto quella tutta anglica del 'facilitatore', uno che alla fine serve più che altro a vigilare sul lavoro della classe e a risolvere quesiti minimi, spiegare magari il significato di un termine poco chiaro, dare due dritte su come inserire una tag di html in una pagina web creata dal pargolo, tradurre qualche parola dall'inglese, così, bricioline.
In effetti, al netto di tutti gli aspetti architettonico-relazionali della 'nuova scuola', una cosa non mi è ancora chiara: ma alla fine su che cosa verranno valutati questi qui? E poi: detto che evidentemente una scuola dinamica non dispiace a nessuno, alla fine di tutto questo dinamismo, le famose e strombazzate competenze che si vuole far acquisire agli alunni in cosa consisteranno? Oltre che sguazzare nel web come anguille, essendo in grado di linkare pagine & file ipertestuali, gli adulti di domani saranno pronti alle professioni come più o meno lo sono stati grazie alla 'vecchia' scuola? Giacché, per quanto schifo faccia l'Italia attuale, non si può negare che uno straccio, direi quasi un ridotto manipolo di ingegneri, notai, avvocati, architetti insegnanti, farmacisti ecc, ecc. bene o male solca ancora i cieli della Penisola, e per quanto malridotta sia stata la scuola frequentata da costoro, è impensabile che loro attuali competenze siano emerse solo dal momento in cui hanno iniziato a lavorare. Insomma, un minimo di forma mentis pregressa l'avranno pure avuta, e se così è, un minimo merito alla scuola andrà pur dato.
Ora mi domando senza polemica, anche perché nel fenomeno ci sto dentro mani e piedi e posso solo che avere interesse ad un suo positivo sviluppo, questi alunni 3.0 saranno capaci di entrare nel mondo del lavoro come più o meno sono entrati gli alunni pre-USB? È vero che le professioni di domani non saranno uguali a quelle di ieri, ma l'idea che la nuova piramide delle conoscenze, che aveva in cima la teologia fino ai tempi di Poliziano, sia ora sormontata dalle competenze informatiche mi sembra a dir poco disumana. In sostanza, se la prospettiva è quella di un mondo in cui le macchine faranno QUASI tutto quello che oggi fanno gli uomini, agli uomini non resterà che avere le competenze pratiche per far funzionare le macchine stesse e stop. Ciò significa che non sarà più necessario avere gente in grado di ragionare mentalmente in forma avanzata, poiché il calcolatore saprà fare tutto trilioni e trilioni di volte meglio di un singolo cervello umano. Il che è vero. Ma esisterà un giorno un computer dotato dell'unica cosa che pare ancora prerogativa del solo homo sapiens, ovvero la capacità critica, la facoltà di decidere su presupposti non meramente meccanici, ma etici? Detto più crudamente: si arriverà mai alla creazione di una macchina in grado di distinguere SEMPRE  e IN OGNI CAMPO il bene dal male? Vorremo davvero devolvere tutto alla macchina? E di noi cosa resterà? Una mano attaccata al mouse? 
Venendo a sitnetizzare l'ampio spettro dei problemi, dunque, mi soffermerei sulle seguenti, friccicose istanze:
1) La nuova didattica: posto, ribadiscolo, che quella vecchia non è tutta da buttare via, mi domando se riusciremo davvero ad abituare i nostri studenti al trend letturina pomeridiana- stage informatico del mattino. Io davvero non so, e spero davvero di cuore di sbagliarmi, come sarebbe percepita la scuola se passasse un  modello simile. Perché la questione non è che il modello funziona all'estero (che poi si sa, ciascuno se la canta e sa suona, come i finlandesi che studiano la matematica in funzione dei test a crocette)(no, la patria della Nokia non si tocca!!!), il problema è se le menti degli italici bimbominkia sapranno aderirvi in modo costruttivo. Si sa, grazie a decenni di politiche antimeritocratiche e di pedagoghese poverinista e giocattoloso, i nostri studenti vedono la scuola al più come una dolorosa necessità, un apostrofo nero tra le parole 'voglio' e 'divertirmi', un luogo popolato da buffe creature che parlano di cose fuori dalla realtà, chiedendo pure che vengano studiate, trasmettendo valori di impegno, fatica, responsabilità, rispetto dell'altro, onore degli impegni che cozzano drammaticamente con tutto ciò che il resto del mondo propone. Le materie, al limite, aprono un pochino la mente, ma nulla più, è la vita concreta la vera scuola. Ebbene, se la scuola, come pare, tenderà a diventare sempre più simile ad una sala giochi, cosa mai entrerà nelle teste dei bimbominkia? Non so davvero cosa resterà di tutto il fervido saltabeccare da pagina web a blog ad album di foto, non riesco a immaginare che il discente lasciato a briglia sciolta possa autonomamente sfornare contenuti didattici di livello. È, vorrei dire, l'illusione che l'adolescente informatizzato ne sappia come e più dell'anzianotto che ha studiato tutto sui libri. Falso: il giovane nativo digitale potrà certamente disporre di una moltitudine di contenuti ad una velocità imparagonabile col passato, ma da qui a saperli acquisire, assorbire, rielaborare e ricreare in modo originale ce ne vuole: come non esistono scuole di scrittura che ti trasformano in un genio del romanzo se non hai già di tuo delle qualità innate, così non ci si può davvero illudere che il solo possesso di abilità informatiche renda l'alunno un genio della critica, un gigante della creatività, uno scopritore a gettone di nuovi mondi. Si pretende che sia il mezzo a generare la qualità di chi lo utilizza e non viceversa, come è logico avvenga almeno a partire dalla scoperta della ruota. Questi giovani genietti della tastiera dovranno essere la classe dirigente del domani: non so, e vorrei sbagliarmi a non sapere, se il problem solving, la competenza tutta telematico-cibernetica che si vorrebbero maturare con la nuova didattica, saranno sufficienti per affrontare le sfide del mondo prosimo venturo, visto che le interazioni saranno pur sempre PRIMA tra uomo e uomo e POI tra uomo e macchina.
2) C'è poi una cosa che mi preoccupa alquanto, ma non pare essere emersa ancora nel dibattito: la sorte di noi insegnanti. Vojo di': se già adesso la nostra figura viene prevalentemente percepita come quella di gente che lavora part-time 5 o 6 giorni a settimana, godendo di ferie ingiustissime e venendo pagata fin troppo in rapporto a quello che fa, cosa penseranno i genitori 3.0 dei 'facilitatori' dei loro figli? Una volta che sarà chiaro che al facilitatore non viene chiesta nessuna competenza profonda, ma solo una empirica e artigianale propensione a togliere i sassolini dai tubi ostruiti delle menti degli alunni, la conclusione non potrà essere che una: per fare il 'facilitatore' la laurea è fin troppo, figurarsi l'abilitazione; di più: CHIUNQUE a questo punto, potrà improvvisarsi 'facilitatore', anche la farmacista che ogni tanto aiuta il figlio nei compiti di matematica o il praticante avvocato che, ricordando a spanne il greco del ginnasio, sarà in grado di guidare il fratellino nei meandri delle prime due declinazioni. È la solita idea anglosassone-luterana che le gerarchie non esistono, ma tutti in linea teorica possono fare tutto. Questo, ovviamente, porterà ad una ulteriore svalutazione della nostra figura, sì che sarà un attimo procedere a nuovi, giganteschi tagli del personale, dato che, per una classe di bimbominkia di fatto autonomi nel lavoro, indipendentemente dai risultati, saranno sufficienti due o tre insegnanti al massimo, area linguistica, matematica e foreign language. Come alle elementari una volta. Ma alle superiori, ciò significherà la fine. Il vero maestro sarà il computer, al 'facilitatore' non sarà demandato altro compito se non la correzione in corsa di certe venialità, ma non mai quello di aiutare lo sviluppo del senso critico, poiché quello emergerà spontaneamente dal dibattito interalunnesco; come quando dicevano che l'economia capitalistica aveva al suo stesso interno i fattori di regolazione: gli allegri suicidi di industriali ai quattro angoli del globo ne sono certo la prova più specchiata.
3) Va bene. E scuola 3.0 sia! Ma, concentrandoci sul caso-Italia, i poveri 'facilitatori' chi saranno? È noto che la riforma delle pensioni varata dalla sagace ministra Fornero ha avuto l'inevitabile conseguenza che per quest'anno le domande di pensionamento nella scuola sono esattamente la metà rispetto all'anno scorso. Il che vuol dire che il ringiovanimento della classe docente di ruolo, già orrendamente rallentato dai massacri gelminiani, si allontana vieppiù, checchè ne dica l'attuale Ministro che bandisce concorsi su posti numericamente ridicoli. Morale: già l'età della classe docente attuale, a scuola 2.0 ancora in fase di progettazione, produce desolanti situazioni di totale incomprensione tra docenti e alunni a causa della mostruosa distanza generazionale, figuriamoci quando partirà la 'nuova' scuola, avendo noi un corpo docente dell'età media di 60 anni. Ve li immaginate, i 'facilitatori' delle materie classiche, se mai verranno ancora studiate, interagire via LIM con studenti che non capiranno una ceppa delle declinazioni e dei participi, ma nemmeno di quegli elementi di cultura latina o greca forniti come se si trattasse di un corsettino per amatori, cioè approcciando i testi direttamente in italiano, azzerando così i benefici psicologici e umani dello studio dei testi in lingua originale? Ma che ne sarà poi di matematica, che già ora viene capita in modo soddisfacente sì e no dal 20% degli studenti? Far comparire monomi e polinomi sullo schermino colorato li renderà più comprensibili? Dibattere in circle- time sulle tre leggi di Keplero farà amare la fisica? Storia e filosofia, ma pure inglese, diventeranno solo il pretesto per chiacchiere, detto che il 'facilitatore' sessantennne avrà poca o punta voglia/capacità di avventurarsi coi pargoli negli abissi webbeschi in cerca di nuovi stimoli. Al limite sarà la gara a chi produrrà la ricerchina meglio copiaincollata, che è poi quello che succedeva coi centoni medievali in cui si ammassavano cose senza dichiarare le fonti. La libidine saranno le lezioni prodotte dagli alunni stessi in powerpoint, come dire che 'facendo' la lezione, automaticamente si sviluppano le competenze metodologiche ed epistemologiche. E quei simpatici vecchietti dei 'facilitatori' a dormire con la bolla fuori dal naso come nei cartoni giapponesi.
4) In ultimo, quale coscienza dei propri errori e dei propri limiti acquisiranno i ragazzi, che già ora ne hanno poca poca? Di fatto, quando nei primi anni 2000 le Scuole di specializzazione per l'insegnamento secondario ciarlavano giuggiolando della didattica per moduli, minimalista ed efficace, priva di qualsiasi tridimensionalità, ma tagliata sulle esigenze delle singole classi, cioè ridotta a chiacchierina, ebbene, noi si vedeva gente gongolare nella progettazione dei moduli tipo: "La casa stregata nella letteratura classica", "Guerra e pace nel secolo decimosettimo", "Laboratorio di scrittura di una novella", dichiarando come prerequisiti per lo svolgimento del modulo medesimo "la conoscenza delle strutture morfosintattiche della lingua italiana" (e latina/greca se serviva). Si dava cioè per scontato un livello di partenza piuttosto ben piazzato che costituiva la premessa necessaria per discorsi di livello, diciamo, avanzato.  Fu un attimo accorgersi che, nel giro di dieci-quindici anni di 'scuola amica', gli studenti che approdavano alle superiori avevano i prerequisiti linguistici e logici di gente di quarta elementare, se andava bene. Al che tutta la bella didattica modulare naufragava ancora prima di salpare: a gente che è dotata di un vocabolario massimo di 100 parole, che crede che l'aggettivo 'inesorabile' significhi 'che non arriva più' (però, davvero inesorabile oggi il treno da Milano...), che fa ancora fatica a scrivere 'scienza' e 'milioni' senza sbagliare l'ortografia, che non distingue l'essenza del complemento di modo rispetto a quello di fine, che scambia il predicato nominale per complemento oggetto, insomma a gente così che didattica 'superiore' si vuole proporre?  E il correttore automatico di Windows o simili dovrebbe risolvere tutto? La logica e l'originalità, per non dire lo spirito critico, si possono inoculare via microchip? E magari la siringa sarà messa in mano al 'facilitatore'? QUESTO facilitatore?
Ecco i cittadini del domani. Cioè del mai.
(Bene, avrò fatto la figura del laudator temporis acti, ma in realtà è pure peggio: non rimpiango il passato, il presente fa schifo, il futuro è ridicolo per non dire tragico. Al confronto l'Innominato era un pozzo di gioia...). 
     

domenica 24 marzo 2013

Le pagelle della settimana (2)

Ma quant'è spiccio questo sistema, Dio mio...

1. Papa Francesco feat. Papa Benedetto: devo dire che, dopo la visita a Castel Gandolfo del Papa-Papa al Papa Emerito, ho capito appieno perché Ratzinger abbia deciso di auto-emeritarsi il mese scorso. Non che Bergoglio sia un fiore di atleta [parentesi: signori porporati, avevamo detto che lo volevamo giovane, Benedetto ha mollato ricorrendo nientemeno che all'ablativo assoluto 'ingravescente aetate', e voi andate a prendere uno di 76 anni, con mezzo polmone in meno e una vistosa zoppìa? Vabbe', però è uno che sa il fatto suo, ok, ok] ma l'altro, appoggiato tremante al suo bastone, dava davvero l'idea di essere lì lì per esalare l'ultimo respiro. Non resta quindi che condividere ancor di più la decisione delle dimissioni, se queste sono davvero servite, al netto di Vatileaks, a scongiurare l'effetto-Wojtyla 2005 per la Settimana santa.
Quanto a Bergoglio, anche oggi ha saputo dire la cosa giusta con il tono giusto. La sua capacità di alternare le algide letture delle scartoffie preparategli dai dignitari delle Sacre stanze con accalorate sezioni a braccio in cui il suo pensiero tracima luminoso e semplice, rende l'insieme vario e godibile. Certo, le difficoltà sono tutte a venire, altro che lavare i piedi ai detenuti il Giovedì Santo. Però il personaggio c'è. Con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, beninteso: mentre oggi Francesco girava in Jeep per Piazza S. Pietro dopo Messa, mi è parso un filino pleonastico quel protendere/scagliare neonati da parte della folla per farli baciare al Papa; con tutto il rispetto che da queste parti portiamo alle gerarchie  ecclesiastiche, ogni tanto sembrava di vedere le sfilate di certe dittature asiatiche col lancio dell'infante in braccio alla Guida Suprema, posto che l'arietta primaverile romana e il sorriso mite ma fermo di Bergoglio bastavano a sciogliere i grumi dell'impressione. Pazienza, ogni cerimonia pubblica sconta inevitabilmente il suo tributo allo scenografismo.
È invece una pertinente osservazione del vaticanologo emiliano di Sky, il mistico Stefano Maria Paci, che vorrei riprendere: commentando certe frasi di Francesco sul rapporto con le altre fedi religiose, il Paci ha giustamente chiosato che se le stesse frasi fossero state pronunciate da Ratzinger, avremmo passato la domenica delle Palme a polemizzare col resto del mondo monoteista. Sì, sto in effetti notando anch'io che il trend generale è quello 'ma vuoi mettere Benedetto con Francesco?', nel senso che al Papa argentino è stato aperto un credito enorme, che il povero Ratzinger non ha mai potuto nemmeno sognarsi. Fin da subito ce lo hanno dipinto come il rottweiler di Dio, il teologo conservatore sordo ai cambiamenti, poi si è aggiunta la cosa dei pedofili, e giù a discettare dei suoi silenzi al tempo dell'ex Sant'Uffizio, poi ogni apparente allontanamento dal volemose bene con le altre religioni rivelate è diventato un pandemonio, manco Ratzinger stesse per bandire la nona Crociata. A Bergoglio, per fortuna sua, è andata meglio: la minima ombra di sospetto su una sua eventuale omertà, o peggio, ai tempi della dittatura argentina è stata non dico contraddetta, ma del tutto DISINTEGRATA nel giro di 10 giorni sulla base di un paio di testimonianze su cui nessuno ha più messo bocca. Ottimo. Certo, il doppiopesismo in forza del quale Ratzinger sbagliava a prescindere dà un po' fastidio, ad essere sinceri. Vojo di': lo vedi ad Auschwitz a chiedere scusa per i crimini del suo popolo contro gli ebrei, lo senti che cita nientemeno che l'Antigone di Sofocle, ma no, "non ha preso sufficientemente le distanze dai nazisti, ha lasciato intendere che i tedeschi erano all'oscuro di tutto e la colpa è stata solo di Hitler e dei suoi". Lo senti parlare a Ratisbona di una cosuccia come il rapporto tra fede e ragione e ad un certo punto gli casca una raffinata citazione contenente un'osservazione appena appena critica sull'Islam (dalla quale lui peraltro prende le distanze), e subito si grida allo scontro di civiltà e gli tocca fare un viaggio in tutta fretta in Turchia a dimostrare che Benedetto loves Muhamad. Trema la terra in Abruzzo, vittime e danni, gente che ride al telefono pensando ai fondi per la ricostruzione, e su faceboook compare in un colpo una pagina intitolata: "Quelli che Wojtyla sarebbe andato a piedi a L'Aquila a confortare i terremotati", per dire che il popolarissimo Papa polacco, vicino alla gente, mica come questo qui tedesco, non avrebbe esitato a precipitarsi nelle zone del terremoto, laddove Benedetto se ne stava quieto in S. Pietro a dire due rosari per i morti. Ora, sarebbe stato interessante chiedere agli estensori della pagina a quale Wojtyla stessero pensando, perché, all'età che aveva Benedetto all'epoca del terremoto, ovvero 82 anni, Wojtyla non aveva nemmeno più la forza di sollevare il cucchiaio da solo. C'era dunque da accusare l'ottantenne Ratzinger e chiedergli una 'prestazione' che Wojtyla certo avrebbe erogato con gioia, ma a 60-65 anni al massimo? [Parentesi: comunque Benedetto nell'Emilia terremotata è andato]
Insomma, la pubblica opinione, su cui restiamo manzonianamente scettici quando si trattti di grandi flussi di idee, ha ormai 'adottato' Bergoglio, almeno a parole. Sulla questione della povertà, intesa certo non come pauperismo, ma come scelta di moderazione dello stile di vita, vedremo quanti lo seguiranno, in particolare di quella brava gente che urla ai quatto venti di essere tenacemente di sinistra, e quindi vicina al popolo, ma tiene il portafogli, rigorosamente, a destra.
Voto: Bergoglio 8, Ratzinger 9 di risarcimento per le amarezze pregresse.


Berlusconi: premesso tutto quello che già si sa da un bel po', ieri Silviuccio... mah... era lui o era il suo Pokèmon? Saranno state le luci della primavera, il completo serioso, le ciglia aggrottate [parentesi: ma non aveva tutte le congiuntiviti del mondo? Dove aveva gli occhiali?], insomma, ieri ho avuto l'impressione di una balena prossima a spiaggiarsi, o peggio di un elefante che cammina lemme lemme e inconsapevole verso il cimitero. Gli slogan erano sempre quelli, l'inflessione pesantemente brianzola pure, il popolo di prezzolati a fare la claque anche, ma che fatica in quel fiato, che senso di ultime energie raschiate dal fondo del barile, manco fossero i Cavalieri dello zodiaco contro Arles... non dico che sembrasse un disco rotto, ma qualcosa di simile, quasi una figurina di pupazzetto meccanico che continua a colpire con l'accetta la legna anche se questa non c'è, perché si è danneggiato il carillon.
Silvio, io resto della mia idea, hai fatto il tuo tempo, hai arbitrato le sorti dell'Italia per 20 anni, hai creato una legge elettorale disastrosa che ci condanna all'ingovernabilità [e basta col rinfaccismo: "Ma è la legge elettorale che funziona in Toscana, la regione rossa!!!", perché non mi risulta che quella regione risulti ingovernabile ad ogni elezione], sei arrivato a mischiare pubblico e privato in un modo che non li rende ormai più distinguibili, ma per favore non barattare l'appoggio al governo con eventuali salvacondotti o addirittura un tuo uomo al Quirinale, siamo ormai fuori tempo massimo per tutto. Non vedi che la tua mediacrazia ha fatto da territorio di coltura per il fenomeno dei grillini? Non vedi che c'è un'Italia a pezzi a cui non si può più far credere che non è colpa tua anche se hai governato per anni, ma è colpa di chi ti ha messo il piombo nelle ali? Lo ripeto: sia pure così (ma fatico a crederci fino in fondo), TU te lo sei lasciato mettere, 'sto piombo, ergo non sei un politico capace di gestire gli alleati. Non è possibile che l'unica soluzione sia quella del governo sostenuto da un solo partito cui dovrebbe andare più del 50% dei voti, non ce l'ha mai fatta nemmeno De Gasperi. Rasségnati: sei un generale carismatico, ma un politico incapace di sentirsi  dir di no. Quindi non sei un politico. Che è quello che tu dici da vent'anni, ma non è quello di cui oggi il nostro Paese ha bisogno. La tua lotta con la magistratura è ormai un copione stantio, DA ENTRAMBE LE PARTI, sia chiaro, e tutti noi vorremo che ENTRAMBI deponeste le armi, ma così non sarà. Eccoci pertanto a seguire la triste liturgia dei tuoi parlamentari che cantano l'inno italiano in procura a Milano. Hai notato? Tranne i personaggi più avvezzi al copione che imponi loro  (Alfano, Santanché, Biancofiore, ecc.) gli altri cantavano con gli occhi desolatamente bassi (la Ravetto neanche quello, rispondeva ai messaggini...), quasi si vergognassero. Non ti sei chiesto il perché? Non hai sospettato che è troppo chiedere ad un parlamentare di mettersi platealmente contro un altro potere dello Stato in nome di una difesa del Capo che parte da presupposti soggettivi tanto quanto lo sono quelli dell'accusa? Non è il clima che vogliamo, Silviuccio, ma nemmeno tu hai più le forze per alimentarlo. Ragiona di conseguenza, ti prego.
Voto: 6 per l'impegno, 2 perché hai ricandidato la Gelmini, addirittura capolista in  Lombardia.

Bersani: coraggio, Gigino, al limite ti facciamo Ministro delle medaglie di legno. Tu prova a rabberciare i voti, poi si vedrà. Non ho ben capito chi sia la tizia che vorresti mettere alla Pubblica Istruzione, ma va bene, prenditi il tuo tempo. Voto 6 all'impegno, 10 se ce la fai.

La stoffa c'è. E anche le cuciture.


Recensiamo la nuova, brillante creatura di Erica Gazzoldi, 'Il resto è silenzio', stavolta ambientata in una cornice universitario-teatrale in cui mondo delle maschere e mondo dei sentimenti si sovrappongono, si scambiano, si svelano a vicenda, per mostrare una volta di più che il teatro è la finzione più vera e la vita, specie la vita dei sentimenti che ci legano ad altre persone, è la verità più fingibile.
Laura, membro di una compagnia di studenti artisti italo-erasmusiani, riceve della professoressa Fusini (sì, LEI) la parte di Amleto per la messa in scena dell'originale scespiriano. Nessuna sorpresa, non sarebbe la prima volta nella storia del teatro mondiale che ciò avviene, ma qui non è il precedente di Sarah Bernhardt a contare, semmai il problema è che il ruolo di Orazio, l'amico-completatore di Amleto, colui che ha 'blood and judgement' abbastanza per tutti e due, ma se lo tiene tutto per sé in una prova eccelsa di stoicismo narcisista, tale ruolo, dicevamo, è affidato a Cesare, col quale Laura sconta un enigmatico rapporto di silenzi/finzioni le cui radici remote ci vengono solo accennate (narratore esterno, ma focalizzazione interna, ah la narratologia...), ma che paiono rimandare a tempi liceali di superficiale percezione reciproca, per poi farsi, in Università, matassa di cose dette ma sopratutto non dette o solo accennate, sentimenti temuti pur se voluti e forse respinti perché non ancora sopportabili in tutta la loro deflagrante novità. Dover quindi interagire con 'il migliore amico' del protagonista renderà più semplici o più complicati i rapporti tra Laura e Cesare? Si integreranno o si respingeranno? La mobile natura di lei potrà mai parlare all'anima cristallizzata di lui? E dov'è la verità? Nelle loro vite effettive o nella proiezione teatrale? In quale dei due mondi i sentimenti sono meglio espressi? Quali sono i gesti più spontanei? Il mascheramento potrebbe paradossalmente favorire quella vicinanza che le identità reali hanno reso impossibile, eppure non sappiamo se Cesare veda le cose allo stesso modo di Laura, poiché il massimo che riesce ad eleargirle è un malinconico sorrisetto in ambiente pubbesco. Odio e amore su due facce della stessa moneta. E il resto è silenzio: tacciono le maschere, parlano le anime. O esattamente il contrario.  
Erica pennella da par suo psicologie sensibili e fragili, mostrandoci che l'arte non è roba da scaffali polverosi o da conferenze in cui il relatore dà a intendere che nessuno tranne LUI può capire Shakespeare o altri. L'arte è vita proiettata nella forma più universale. 
Bravò.

domenica 17 marzo 2013

Le pagelle della settimana

Così, giusto per andare sul leggero ed evitare predicozzi che alla domenica riescono pesantucci.
1. Papa Francesco: per ora non ha sbagliato un colpo. Rifiuto GLOBALE di tutti gli orpelli papalizi, dalla mozzetta al trono, gesti di umiltà che certo wojtyleggiano alquanto e tuttavia hanno la loro radice in un'allergia alla fatuità cerimoniale e teatrale della Chiesa che rimanda indietro fino al pontificato di Paolo VI, colui che ebbe l'ardire di accorciare gli strascichi dei cardinali, che da 9 metri (NOVE) scesero a 0 (ZERO), per tacere della vendita all'asta della tiara appena dopo l'incoronazione. Non male, davvero. I segni della volontà di cambiamento ci sono tutti; naturalmente, sarà da vedere quanto le gerarchie vaticane permetteranno a Francesco di arrivare in fondo al cambiamento medesimo. Le resistenze saranno enormi, poiché certe brutte abitudini sono dure a morire. Tuttavia il personaggio funziona assai, anche oggi all'Angelus i momenti 'a braccio' trasudavano un calore umano che arrivava tranquillamente dalla televisione al salotto, laddove le domeniche ratzingeriane, e non poteva essere altrimenti, sapevano molto di comunicazioni di fine convegno, la cui alta densità teologica non era certo disprezzabile, ma credo che come sempre le cose funzionino in rapporto ai tempi, e in tempi grigi come questi certe pose da buon parroco come quelle di Bergoglio siano più necessarie dell'astratta dottrina. Voto 9
2. Pierluigi Bersani: bisogna dire che, dopo le scoppole prese a ripetizione dal 25 febbraio sera all'altroieri, il buon Gigino ha tirato fuori dal cilindro un paio di mosse che certo non risolvono il grosso dei problemi sul tappeto, ma almeno danno il segno di una presenza politica di cui cominciavamo a dubitare. La sterzata su due figure 'non-politiche' ma altamente significative sul piano dell'impegno giudiziario e umanitario come Grasso e Boldrini, indica da parte del PD la presa di coscienza che si può tentare di dare colore all'area grigia delle possibili convergenze col Movimento 5 Stelle tramite proposte a cui i grillini devono ben dare una risposta che non sia il semplice 'me ne frego' esibito nei giorni scorsi. Bersani si è di fatto guadagnato il pass per pretendere la presidenza del Consiglio, cosa che dopo il mezzo flop delle politiche non era assolutamente scontata. Renzi può restare a cuccia ancora per qualche tempo, ed è tutto sommato giusto così, visto che non sarebbe poi una gran figura che lo sconfitto delle primarie ricevesse l'investitura senza nemmeno che il vincitore abbia la possibilità di ribaltare una situazione invero spinosetta, e che tuttavia comincia a lasciar intravedere qualche minimo margine di manovra. Voto 8
3.Beppe Grillo: il suo strepitare contro l'irrazionalità dell'assenza di vincolo di mandato per gli eletti era il classico sintomo della più classica delle code di paglia. L'ottimo Beppino ha capito subito, all'indomani del pienone elettorale, che guidare, da fuori Parlamento, un numero così esorbitante di eletti sarebbe stato pressoché impossibile, e infatti così è stato. Del resto, non è nemmeno lontanamente ammissibile che un capo politico telecomandi i suoi parlamentari vincolandoli ad un'obbedienza da setta, azzerando la libertà critica del voto secondo coscienza. Certo poi fa abbastanza sorridere che l'accusa al M5S di essere 'peggio di Scientology' venga da chi, come Berlusconi, ha sempre militarizzzato le file dei suoi, obbligandoli a votare contro ogni scrupolo di coscienza provvedimenti ben oltre il limite della decenza, dalla attuale legge elettorale alla questioncelle di Ruby nipote di Mubarak. Grillo ha comunque poco da sbraitare e chiedere le dimissioni di chi ieri in Senato ha votato Grasso: non è possibile condannare un Parlamento all'immobilità agendo sempre come i pierini di turno, che godono solo a sfasciare senza nulla proporre. Questi qui saranno pure il nuovo che avanza, ma in un Paese democratico la rivoluzione vera si fa DENTRO la politica, con gli strumenti, i passaggi, le procedure della politica. Chi vien da fuori e pretende di agire come una specie di virus della peste bubbonica che fa scoppiare il proprio involucro, non vuole la rivoluzione, ma solo l'infantile disordine. Voto 4
4. Mario Monti: settimanaccia, la sua. Giunto ormai a scadenza del mandato di premier, l'amico Marione pare colto da una frenesia di protagonismo che è del tutto insensata, se si considera che la sua carica di senatore a vita gli consente comunque di stare dentro i Palazzi a dirigere il gioco. Sfumata la possibilità di ridiventare premier, si è autoproposto come presidente del Senato, ricevendo in cambio quintali di gelo da Napolitano (e in effetti un senatore a vita dovrebbe stare buono e lasciare che gli eletti si giochino le caselle calde della marcia parlamentare); pare tuttavia che, anche in un colloquio al calor bianco con l'altro aspirante al massimo scranno madamizio, ovvero Schifani, Monti abbia detto papale papale che, ove fosse saltata l'elezione in oggetto, il risarcimento sarebbe DOVUTO consistere in voti per la Presidenza della Repubblica. Ora, forse che Marione ha obliato il fatto di essere stato, nel quindicimestrale precedente, l'uomo dell'emergenza, ruolo che egli stesso ha ripetutamente avocato a se stesso, lasciando intendere che la guida della Bocconi era l'isola di Itaca cui lui voleva tornare il prima possibile? D'un colpo pare che egli stesso si sia scordato della propria estemporaneità, ed ecco le salite in campo, la lista acchiappa voti al centro (nei suoi sogni, beninteso) e in ultimo tutte queste pretese al limite del capriccio, avanzate da uno che ha passato un anno e mezzo a dire che alla prima occasione avrebbe tolto il disturbo. Evidentemente qualcosa ci è sfuggito. Magari Marione, in un sussulto di civismo, ha creduto di essere l'unico & il solo cui l'Europa conceda un briciolo di credibilità? Quand'anche fosse, le sue parole a inizio mandato erano state chiare. Oppure anch'egli, come già il premier tecnico Lamberto Dini, che dopo due anni di governo prese tal gusto alla politica da schierarsi col centrosinistra, lui che era stato Ministro del bilancio nel Berlusconi 1, anche Monti, dicevamo, potrebbe non aver saputo resistere al sapore acre ma drogante della politica atttiva, nel suo misto di seduzioni di potere e sfide da affrontare per metter sotto avversari come birilli e affermare la bontà della propria Weltanschauung. Sì, ma resta il fatto che stiamo parlando di un senatore a vita, uno che può essere chiamato quando vuole, perché tanto lì sta e nessuno lo smuove, uno che manda al massacro gli altri, mentre il suo posto in Senato resisterà a qualsiasi evenienza elettorale. Insomma, perché non portare pazienza e vedere come se la giocano 'gli altri', e solo alla fine, appena prima che la canna del gas s'accenda, accettare l'ennesima soma governativa, vista l'impraticabilità di ogni altro percorso che non siano le elezioni anticipate? Per una sola ragione, che sgorga in tutta evidenza dai comportamenti montiani ora registrati: anche l'ottimo Marione non ha saputo resistere al motivo più profondo che spinge qualcuno a mettersi al servizio del popolo, nella coscienza di aver carte da giocare ed expertise da esibire. E questa ragione ha un solo nome: non 'scelta civica', ma, più umanamente, 'vanità'. Voto 2

giovedì 14 marzo 2013

Il Grande Conclave - giorno 2

"Eminenza, si rassegni, tocca  a Lei".
"Ma porque, madre de Dios! E' peggio di Lacrime del tramonto!!".
"Ma cosa vuole che ne sappia quello là... piuttosto, una telefonatina al Papa emerito?"
"Non puedo, avevamo detto un Papa giovane e avete scelto me!"
"Lo spirito Santo, sa...
"Ma non me entiendo de pregar en italiano, como farò ad hablar e a dire el Padre Nuestro...".
"Non tema, dopo un polacco e un tedesco, l'uditorio italiano è diventato di bocca buona..."
"Guardate però che se mi mettete a capo del vapore, anzitutto mi scelgo un nome mai usato, poi saprò mettere a cuccia chi ci ha portato al disastro".
"Sì, sì, lo dicevano tutti, ma non si affanni troppo... una Via crucis a ritmo di tango e avrà tutti ai suoi piedi. Anzi, se una delle prime volte, magari già durante la Messa di intronazione, volesse esibirsi nell'accalappiare qualche Cardinale al lazo, come un vero gaucho...".
"Ma dove sono finito...?"



Questa, in estrema sintesi, dev'essere stata la conversazione tra il nuovo Papa Francesco e il Cardinale che deve chiedergli ufficialmente se accetta l'esito dell'elezione. Il già graditissimo Bergoglio, che a fronte dell'età promette scintille, deve tuttavia aver dovuto pensarci bene prima di decidere, visto il climettino che attanaglia il Vaticano. Anche perché, secondo me e la Spocchia, le cose sono andate come vedremo adesso nel flashback che provvediamo a proporvi...


Città del Vaticano, Cappella Sistina, ore 15.00 e qualcosa, dopo il quarto, infruttuoso scrutinio. Mentre un paio di Cardinali diaconi provvedono a spazzar via con lo scopettino i resti semibruciacchiati di Scola, Poletto, Sepe, Schoenborn, Maradiaga e Dolan, la cui incapacità a raggiungere il quorum ha consigliato di eliminarli fisicamente per ridurre il numero dei voti dispersi, i Cardinali ancora vivi si guardano desolati negli occhi, ciucciando sconsolatamente degli Zigulì azzimi ad usum paenitentiae. Lo spettro di passare tutta la Quaresima e la Settimana santa chiusi tra la Domus di Santa Marta e la Cappella Sistina comincia ad aleggiare minaccioso. Niente uova pasquali, niente abbacchio, soprattutto niente gita fuori porta sui colli Albani. Un devoto pensiero vola a Castel Gandolfo: "Perché ci hai fatto questo? Non potremmo rieleggerti e finita lì?". 
Il fumo degli incensi va a rapprendersi in forma di nuvoletta giusto in corrispondenza della zona dell'affresco raffigurante il Giudizio universale michelangiolesco in cui il Maestro si è 'autoritratto' in quella pelle umana sgonfia e vuota che risale dai morti verso Gesù.



"Così dunque è il fine di tutto? Mentre il mondo ci guarda, noi abbiamo dimenticato la pulverulenta essenza dell'uomo, carnale ed effimera imago Christi, come lui destinato ai patimenti? Davvero siamo diventati un baraccone mediatico che vende la gioia e si fa beccare con le mani nel sacco altrui? Finiremo per confessare i fedeli via Twitter?". Questi sono i pensieri di un nutrito numero di porpore, atterrite dal Cristo giudicante di Michelangelo, che con quel braccio alzato e la Madonna rannicchiata al fianco pare fulminare uno per uno gli inquilini del sacello, inchiodandoli alla loro nequizia.



Un colpetto di tosse. Il Cardinale incaricato di distribuire i bigliettini per la successiva votazione richiama delicatamente i colleghi ai loro obblighi. "Guardi, Eminenza, ringrazi che ogni centimetro quadrato di questo sacro luogo è patrimonio dell'umanità, sennò l'avrei già sbriciolato a testate!", urla un porporato asiatico nel ricevere il foglietto. "È un'indecenza!" sbotta un africano "Peggio della clausura! È questo il modo di trattare dei dignitosi ometti avanti con gli anni? Nel 2013 siamo ancora qui con i voti cartacei! Ma un televoto direttamente dalle nostre diocesi, spaparanzati in sagrestia, no?".
"Sentite, Eminenze, quando lo Spirito Santo sarà comunicabile via email, ne riparleremo. Ora si procede alla vecchia. Diamo un'occhiata a Spotted, piuttosto..." (ricordiamo la vittoria dei cardinali africani nella prova settimanale...).
Si apre facebook.va. Spotted Cappella Sistina. Il delirio. "Tu, che sei entrato per cinquantasettesimo ieri e mi hai guardato con aria superciliosa perché sei arcivescovo da più anni di me, non credere che ti voteremo solo perché parli bene il latino". "Ehi, tu, quinta fila, decimo posto, sai che te la tiri da matti? Credi di essere l'unico a conoscere a memoria il libro di Qoelet?". "Gente, che ne dite di fare un flashmob al sesto scrutinio per vedere se si accorgono ?". Eccetera eccetera eccetera.
"Venerabili fratelli..." piagnucola un europeo "...mi pare abbiamo smarrito la strada. Decidiamoci una buona volta: o star qui dentro fino a consunzione, o uscire entro stasera".
"Ma se continuiamo ad avere cardinali che si prendono 30 voti ciascuno... È una situazione senza sbocco...".
"Oddio, uno sbocco ci sarebbe..." sussurra un'Eminenza nello spegnere il computer "Sapete come funziona nel mondo della scuola italiana quando si tratta di assumere a tempo indeterminato i professori?".
"Si fa il concorso, no? Chi vince passa di ruolo".
"Non solo. Chi anche non passa di ruolo subito, perché i posti non sono sufficienti, può attendere che arrivi il suo turno venendo inserito nelle graduatorie di merito e in quelle permanenti ad esaurimento. Man mano che si liberano posti vacanti, si immettono in ruolo gli aspiranti scorrendo le graduatorie secondo il punteggio".
"Ah!" esclamano 22 cardinali, lievemente imbambolati dalla rivelazione.
"Quindi?", chiede uno dei presbiteri.
"Beh, il Papa mica è morto, è emerito, quindi in linea teorica la graduatoria finale che l'ha visto trionfare 8 anni fa è ancora valida".
"Sì, volendo..." rimugina dottamente un arcivescovo.
"Lei dunque, Eminenza, suggerirebbe... ma mi pare un po' tirata...".
"Ma perché mai? I conclavi si fanno a Papa morto, ma se uno si ritira, vale la graduatoria che lo ha eletto. E si va a scorrimento". Un mugolìo si sente provenire da uno degli sgabelli in fondo alla Cappella.
"E quindi... aspettate, chi era qui l'altra volta? Lei, Eminenza, ottimo. Chi ha preso più voti dopo Ratzinger?".
"Oddio, così su due piedi... Sandri?", ma il feroce nonononono fatto con tutte e due le mani dall'interessato fa abortire l'ipotesi.
"Ma no, era l'altro argentino, coso... Bergoglio! Si, Jorge Mario Bergoglio! Era lui, Martini non se la sentiva, poi ci siamo buttati tutti sul tedesco, ma il secondo è stato lui, certo!!". Altri mugolii.
"Beh, allora è fatta!" Si frega le mani il Cardinale scrutatore "A saperlo, ci risparmiavamo tutta questa fiera...".
"Vabbe', non pensiamoci, il dado è tratto". Rumore di corpo umano che cade da sgabello.
"Ottimo, allora... Cardinale Bergoglio, venga pure qua... Ehm... Cardinal Bergoglio???". Tutti si voltano verso l'angolo della Cappella da dove provenivano gli strani rumori e vedono, riverso su un fianco, per l'appunto Bergoglio. Quindi si gettano su di lui per rianimarlo.
"Su su su, fratello, facciamo che abbiamo votato pro forma... il nuovo Papa è lei, chiudiamola qui", taglia corto il capo scrutatore, mentre gli altri rimettono in piedi l'argentino. Il quale, dopo un flebile gesto di diniego, si trova con la stola in spalla.
FINE FLASHBACK


COMMENTO AI FATTI
A parte che questa di Bergoglio che era arrivato secondo l'altra volta mi era sfuggita, mi ritiro idealmente da Piazza S. Pietro portandomi dietro il mio fagotto di pronostici avvizziti e il mio cartellone "Forza Tagle!!", opportunamente rimboccato e pronto per l'inceneritore.
Ok, volevamo il nuovo e siamo stati serviti. Un Papa dell'emisfero sud, con un nome mai usato prima. Riservandomi ulteriori analisi per frangenti meno complessi, mi limito qui ad osservare la maestria filologica che sottende all'elezione papalizia testè avvenuta.
1. Cari futuri Papi, aspettatevi che anche nei conclavi venga introdotto il sistema delle graduatorie: morto un Papa, se ne nomina un altro, basta vedere chi ha più punti. Sarà evidentemente possibile acquisire punteggio anche frequentando master di 1600 ore, tipo qualche corso For.Com. dal titolo: "Didattica delle Lamentazioni", oppure far valere doppio il servizio prestato in sedi disagiate (Nairobi non è Los Angeles, si capisce...). Insomma, anzianità di servizio e titoli faranno finalmente giustizia dell'obsoleto sistema di elezione che non fa altro che inquinare la già mogia aria romana col fumo ai solventi chimici che vien dalla Cappella.
2. Tutti a rompere le scatole che da 35 anni non ci sono Papi italiani. Ora, a parte che, in un organismo multinazionale come la Chiesa, Anno Domini 2013, sarebbe solo che ASSURDO pretendere che un unico Stato fornisse i vicari di Pietro, stavolta i cardinali hanno giocato di fino: Bergoglio, come il cognome lascia ampiamente dedurre, è di origini piemontesi....
3.    Tutta la retorica sul Papa di colore da affiancare idealmente ad Obama si scioglie in una tiepida serata romana. Volevate il Papa nero? Bene, Bergoglio è gesuita, e il capo dei gesuiti da sempre viene soprannominato Papa Nero. Direi che più o meno ci siamo.
4. Il nome, come suol dirsi, è tutto un programma: lo hanno eletto anzianotto, trascurando i nostri consigli? E lui non ha nulla da perdere, a questo punto spazzerà via più marciume possibile, provvederà davvero francescanamente a riconvertire alla povertà evangelica la Chiesa. Il che non vuol dire che questi si sposteranno in risciò o comunicheranno col telefono a gettoni, ma certo si farà in modo che le violazioni del sesto e settimo comandamento, a quanto pare un filino diffuse tra i Sacri Palazzi, siano frenate se non fatte estinguere. Ottima botta mediatica la croce di ferro e non d'oro sopra la veste, eccelso il gesto di indosssare la stola solo per il momento della benedizione urbi et orbi per poi togliersela subito, come a dire che non servono sovrastrutture barocche per il ministero petrino; grande l'idea di definirsi solo vescovo e non anche Papa. La preghiera silente con inchino verso la piazza, un boom. Certo, il passato del Papa è molto, ma molto wojtyiliano, la qual cosa certo lo renderà subito più popolare del teologo freddo e teutonico che ebbimo fino a un mese fa. Il 'buonasera' e il 'buonanotte' che hanno aperto e chiuso il saluto alla folla fa molto Giovanni XXIII. Insomma, la linea è quella, Paolo VI e Benedetto XVI stanno da quest'altra parte. Un'alternanza che, in astratto, non può che giovare alla Chiesa. L'importante, però, è non cadere nell'errore dell'ultimo periodo di Giovanni Paolo II, ovvero consentire alla popolarità del carisma di scavalcare la sua efficacia. In altre parole, preferiremmo avere meno bimbominkia cattolici che gridano 'viva il Papa' a favore di telecamera, come se fosse un Justin Bieber qualsiasi, e subito dopo corrono in cameretta a dedicarsi al bricolage, e più gente che preferisce agire in silenzio piuttosto che sgomitare per avere il posto in prima fila per farsi riprendere alle Messe in tv. La dimensione ormai inevitabilmente mediatica della religione cattolica non deve trasformarla in uno show. Bisogna aiutare i fedeli a coltivare l'interiorità, non far passare il messaggio che ciò che conta è la partecipazione all'Evento. Cioè, questo senza quell'altra è un guscio vuoto. Sarà una lotta dura, ma Francesco pare avere le idee chiare: come il suo eponimo, anche lui è stato nel mondo prima di prendere i voti, quindi sa bene come vanno certe cose. Accetterei pure il rischio di terzomondizzazione del pontificato, se ciò servisse a salvare l'occidente dalla deriva nevrotica che ormai lo attanaglia: guardare al di là delle nostre mura dorate è la miglior cura alla nera insoddisfazione dei cuori che credono di risolvere tutto a colpi di benzodiazepine. Si sa, più il sorriso è splendente, più fondo è il baratro che deve coprire. Il sorriso mite di Francesco, secondo noi, nasconde invece una volontà d'acciaio. Vedremo.

(Oh, Tagle, don't worry, il prossimo giro è il tuo, giurato....)

mercoledì 13 marzo 2013

Il Grande Conclave - giorno 1

In questo reality- show alla rovescia, invece della Casa più spiata d'Italia, abbiamo a che fare con la Cappella più secretata del mondo. Non sappiamo assolutamente nulla di ciò che avviene al suo interno, possiamo solo dedurre dalle fumate se gli ottimi Cardinali addivengono ad una soluzione o no. Oggi, evidentemente, no. Cosa sarà successo? Beh, come in ogni reality che si rispetti, si saranno conosciuti, avranno imparato a far funzionare la stufa, si saranno divisi i compiti, qualcuno sarà stato incaricato di tenere i contatti tra la Cappella Sistina e il refettorio della Domus Sanctae Marthae per evitare che l'arrosto si raffreddi mentre loro sono dentro a votare. Poi sarà stato tutto un sorridersi all'inizio e affilare i coltelli nel prosieguo. Possiamo dedurre che la prima spaiata del voto sarà stata per contare quanti sono i seriamente intenzionati a prendersi in gobba l'eredità di Ratzinger. Lasciati sul trespolo Scola e Scherer
("Eminenze, per carità, troppa esposizione mediatica, appena fuori da qui vi accuserebbero come minimo di aver usato ostie al gusto pizza per attirare più fedeli alla comunione"), tutti gli occhi saranno stati puntati sulla Vittima Prescelta, ovvero il vice- Ratzinger, colui eleggendo il quale si farebbe passare l'idea che nulla è cambiato rispetto a un mese fa: Ravasi.
"Eminenza, Lei è un fine teologo, quello che ci vuole in questi giorni bui...". E Ravasi, da fine teologo, avrà sbattuto in faccia ai suoi interessati tifosi Matteo 20,16: "Molti sono i chiamati, pochi gli eletti. Provate a chiamarmi sul cellu. Visto? Non suona...". Di fronte a questa logica impeccabile, le porporate cervici avranno anticipato la prova settimanale. Nella recita non-stop del libro dei Salmi, la versione curiale e pure un po' soporifera dei cardinali europei viene bruciata ancora ai nastri di partenza dalla performance a suon di bonghi del duo Thiandoum - Njue,
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che raccoglie non meno di 50 voti, pochi per l'elezione, ma significativi. Vittoria netta e bonus settimanale: possibilità di eludere la bonifica e il muro anti-internet creato attorno alla Cappella Sistina e lanciare messaggi all'esterno tramite Spotted. Vanno intanto in nomination O' Malley e Ouellet.


(Il Cardinal Tagle, futuro Leone XIV o Filippo I, saggiamente, tace).


(Prossima puntata: due eliminazioni)


(Ma era normale tutto quel fumo? Non è che nella foga hanno gettato nella stufa anche qualcuno dei loro? Chiedo la riconta dei presenti, please...).

lunedì 11 marzo 2013

Gente vestita di porpora, abbiate senno...

Interrompiamo momentaneamente la giaculatoria di post sul disastro delle elezioni politiche di recente effettuazione qua in Italialialandia per guardare un momento oltre Tevere. Domani comincerà il conclave più fumoso della storia recente, roba che rischiamo di arrivare a Pasqua ancora con le Sede vacante. Io e la Spocchia, che finora vantavamo il 100% di pronostici azzeccati (1 conclave su 1, quello di Ratzinger, appunto) oggi ci dibattiamo nelle tenebre dell'Incertezza, consci che dalla Cappella Sistina potrebbe uscire qualsiasi risultato. Il problema è che i cardinali sembrano divisi su tutto, e non certo solo per la repentina de-benedettizzazione della Sede Apostolica. Del resto, oggi più che mai ci si rende conto che la Chiesa deve tenere un profilo politico mondiale, farsi collettore di suggestioni, istanze, problematiche che obiettivamente sono imparagonabili al carico di affari da gestire di qualsiasi altra organizzazione omologa, se di omologia si può parlare. Obama, per dire, deve certo guidare gli Stati Uniti, gendarme del mondo, e pensare ogni giorno ai problemi che spuntano come funghi ai quattro angoli del globo, epperò non è di sua competenza preoccuparsi pure di indirizzare le coscienze di gente che vive in contesti sociali, politici e culturali disparati. Suo è peraltro l'interesse a fare il bene in primis degli Stati Uniti, e farlo coincidere, sia detto senza veli ipocriti, col bene mondiale, o almeno di più mondo possibile. Il Papa deve fare il bene di un'entità chiamata Cattolicesimo, entità che in teoria non coincide con nessuna realtà fisica definita, ma è tansnazionale, essendo il Vaticano il mero centro irradiatore della dottrina in oggetto. Gli tocca pure confrontarsi con confessioni cristiane ma non cattoliche (come se Obama dovesse ancora dirimere le questioni tra Nordisti e Rossella O'Hara), deve stare attento a quel che dice per non urtare le altre religioni monoteiste, deve continuamente relazionarsi con una modernità che viaggia a ritmi e secondo codici che ormai non c'entrano più nulla col dettato evangelico, deve essere moderno e conservatore, aperto e tradizionalista, ragionare per deduzione di verità eterne e confrontarsi con aspetti accidentali mutando i quali sembra che crolli l'intero edificio della dottrina. Deve essere poliglotta, uomo di sinedrio, moderatore, compromissore, decisionista, popolare ma non pop, sorridente ma non inciucione, esperto in materia sessuale e matrimoniale, cioè in ciò che non ha mai esperito, deve aggredire i temi della Fede con i ganci della Ragione, deve parlare ai politici col linguaggio del Vangelo e comportarsi da politico con le altre Fedi... sì, insomma, credo che, più che il suo Eletto, lo Spirito Santo si prepari a scegliere prossima vittima. 
A questo punto, visto che stiamo per sfondare il muro dei 3000 contatti sul blog, crediamo di poterci permettere un endorsment, chiarendo però prima le ragioni che ci portano a non endorsare chi non endorseremo. Sia dunque chiaro che non abbiamo pregiudiziali di sorta contro gli italiani Scola e Ravasi, o contro il brasiliano Scherer, o contro il canadese Ouellet, o contro il bostoniano O' Malley, che non siano una sola: l'età (tutti over 60-70). Signori, esperti di dottrina finché si vuole, abili curiali e insieme parroci sapienti, non diciamo di no, ma se una lezione viene dalla conclusione degli ultimi due pontificati, essa consiste nell'allerta ad eleggere Papi avanti con gli anni o a pretendere da loro prestazioni super dopo passati gli 80 . Ratzinger si sa com'è andata, e Wojtyla già verso i 78 perdeva colpi. Allora, se vogliamo che la Chiesa non collassi, oltre ad una riforma della gestione di tutta la macchina, che non può essere affidata al solo Papa, ma neppure alla semplice interazione di Papa e Cardinali, ebbene, ci vuole una figura giovane, non italiana, che garantisca una tenuta di almeno dieci anni senza il rischio di vedercelo entrare in aula Paolo VI per le udienze del mercoledì col catetere sulla predellina cingolata. Una persona che porti la voce di genti anche lontane dalla vecchia e scettica Europa, senza però attizzare l'ennesima querelle dottrinaria, magari sulla Teologia della liberazione, un uomo non proveniente da nazioni il cui peso politico- economico potrebbe fatalmente tradursi in condizionamenti all'azione del Pontefice; un punto di riferimento per masse popolari non poverissime, ma neppure nababbe. Forte nella fede, ma ardente di carità. Giovane, ma già saputo.
Morale? Ecco la Machittevole's choice: signori Cardinali, stuppatevi il cervello ed eleggete Papa, possibilmente entro mercoledì per evitare ulteriori figuracce, l'arcivescovo di Manila, Cardinal Luis Antonio Gokim Tagle.



Ha 56 anni (Wojtyla fu eletto a 58), è popolarissimo, parla cinese, ci tiene da matti alla berretta cardinalizia, visto che ha pianto quando Ratzinger lo ha creato Principe della Chiesa, sarebbe, con la sua sola persona, un cuneo formidabile in un'area del mondo dove il cattolicesimo è forte e tuttavia deve interagire con la Cina (e i suoi annessi e connessi), l'induismo, il buddismo e l'islam. L'Asia potrebbe diventare un laboratorio di multiculturalità mostruoso, giacché gli esponenti delle altre religioni, ma pure i cari comunisti cinesi, sarebbero obbligati a confrontarsi non più con una cosa radicata dall'altra parte del globo, cioè a Roma, ma con una realtà il cui massimo rappresentante proviene dalle loro parti. Senza fare paralleli indebiti col ruolo di Wojtyla nel crollo dell'URSS, è chiaro che un cattolicesimo come quello asiatico, forte di una rappresentanza al livello più alto immaginabile, diventerebbe lievito di cambiamenti a nostro parere prodigiosi, che trainerebbero con sé tutte le altre zone del mondo, Americhe comprese. E l'Europa non potrebbe che giovarsi dall'acquisto di una prospettiva finalmente davvero nuova e, si spera, stimolante. I fumi di una gestione della curia troppo inquinata da feudalizzazioni personali, le questioni economiche, gli scandali della pedofilia, questo & quell'altro, dicono una sola cosa: i porporati occidentali devono stare fermi un giro, fare pulizia al proprio interno, ritrovare la sana distinzione tra sfera temporale e spirituale, ascoltare le voci di popoli che non vogliono essere educati a colpi di canzoncine di fra Cionfoli e che non chiedono alle Giornate mondiali della Gioventù di trasformarsi tutte le volte in un Carnevale della Fede, che vogliono una Parola che entri nella carne della società, ma non si anestetizzi nella teologia destinata a diventare latinorum
C'è, mi rendo conto, nella maggioranza delle culture asiatiche, un senso di sottile fatalismo/abbandono alle Cose che mal si concilia, in astratto, colle dottrine del libero arbitrio che il Cattolicesimo ha al suo nocciolo; eppure, eppure, eppure, non sarebbe male che proprio questo sostrato culturale, sintetizzato nella figura certo cattolica, ma prima ancora asiatica dell'ottimo Tagle, risvegliasse qualcosina che il Cattolicesimo occidentale, ma pure l'Occidente tutto, non ha più: il sottile senso delle forze che ci sovrastano e che, per quanti progressi il razionalismo umanistico-illuministico abbia fatto, coi benefici di cui tutti godiamo ogni giorno, restano Altro e Oltre ogni possibilità di umano controllo (sì, è lo sbattibarriere che parla...). Non so, non sarebbe male che si riconoscesse quel senso del Limite, non più certo apparentabile a Inferno 26, eppure ormai anche troppo trascurato: la coscienza che energie universali di cui noi siamo l'infinitesimo scorrono sopra e dentro noi, energie di cui noi siamo placidi vettori, ma non mai controllori. Il Destino? Non vorrei dirlo, poiché non perdo convinzione nell'autocreazione della sorte individuale. Direi piuttosto quella famosa Barriera Estrema dell'Essere già altrove citata: l'essenza stessa del nostro esistere, il crogiuolo delle Potenzialità che tanto più autonomamente funzionano quanto più umilmente sono accettate, sia nei loro punti di forza che in quelli deboli. L'umanesimo come riscoperta di TUTTO l'uomo, sovrano degli altri viventi e primo tra i viventi a sapersi transitorio, alla faccia di tutti gli esorcismi consumistici e scientistici, sì che la vera meta dell'Esistere sia quell'Essere che annulla ogni alterità.
Auspichiamo dunque la soluzione-Tagle. Tenendo ben alla larga, non certo per mancanza di riguardo, ma per l'assoluta emergenza in cui ci troviamo e che sconsiglia ulteriori esiti fuori programma, il fantasma del pontificato di Luciani.


(p.s.: a tutti gli operatori dell'informazione: non per fare il pignolo a tutti i costi, ma domani mattina i cardinali celebreranno la Missa detta Pro Eligendo Romano PontIfice, non PontEfice. Rispettate il latino, cribbio!)

venerdì 8 marzo 2013

"Signora Pasifae..." atto II.


[Mentre la folla riprende posto in platea, sul palcoscenico si avvicendano loschi figuri, tutti intenti a ripulire il pavimento dalle tracce di sangue che gocciolano dalle due lavagne. Rientra Eligio De Marinis, Agostino e Petrarca si siedono poco discosti da lui e osservano].

LAVAGNA 2: SCELTA CIVICA [O CINICA?].


Mario, Marione adorato, che brutto vederti così pesto & malconcio, relegato ad un neanche 10% totale che cade come un macigno su tutto quello che hai fatto in questi 15 mesi...
Eri, diciamocelo pure, assai poco convincente come uomo politico che scende o sale o passa in mezzo all'arena, dai (sul cagnolino Empy e scemate varie mi taccio, ha già detto tutto Freccero)... 



Quelle battutine di aspro sapore english te le potevi permettere finché si giocava ad handicap e alla tua compagine governativa era permesso tutto, poiché tutti erano costretti a votare sì ai salassi che proponevi. Facile, all'epoca, liquidare le obiezioni con ironia fredda e un po' cerebrale; facile, certo, perché avevi su di te le stimmate del Salvatore. Ma, come ti dissi a tempo opportuno, in una campagna elettorale VERA, quelle in cui ci si mette la faccia e non solo, non si può davvero pensare di ammannire lepidezze e salacità E BASTA. Lepidezze e salacità che, peraltro, facevano da condimento ad un programma che altro non era che la prosecuzione della macelleria sociale da te attuata sin qui. Ora, per quanto noi italiani siamo quello che siamo, detto pure che la nostra atavica incapacità di stare alle regole è nota, peggio ancora adesso che le regole ce le impongono i discendenti di Ariovisto e Teodorico, è impensabile che un popolo mediamente consapevole delle cose possa sopportare UN ALTRO GIRO di tassazioni monstre dopo l'IMU e l'aumento esorbitante dei prezzi carburantizi (a proposito, già che si trattava di misure d'emergenza e l'emergenza è un pochino rientrata, li vogliamo abbassare 'sti prezzi o no?). Insomma, va bene che siamo i mariuoli d'Europa, ma anche il bambino più meritevole di castigo di questo mondo, quando vede che il castigo non ha altro fine che sé medesimo, configurandosi come gratuita tortura le cui effettive ricadute pedagogiche restano remote, anche un bambino siffatto uscirebbe pazzo, ribellandosi ancor di più. Così fece l'itala gente: di fronte alle tue glaciali frasi sull'Europa che vuole questo & quello, di fronte alla tua inamovibilità, degna del miglior Farinata Degli Uberti, rispetto agli effetti recessivi delle tue manovre (e tacciamo sulle pivellerie che hanno prodotto gli esodati... e fortuna che questi insegnano all'Università...), effetti che salvano i conti per gettare nel baratro le persone, di fronte alla tua cieca idolatria delle Cifre, uniche vere divinità di un pantheon in cui non c'è più stato spazio per alcuna forma di comprensione, ebbene, il voto democratico ha sancito il suo NO. Ed è un peccato, perché pare proprio che l'unica faccia minimamente spendibile nei consessi europei sia la tua.


 Solo che questi consessi hanno mostrato un'incapacità di visione a lungo raggio che comincia a far dubitare un po' tutti noi che, dietro alla spocchietta dell'orgoglio nordico da primi della classe che costoro esibiscono, si nasconda un dilettantismo politico pesantuccio. Siamo sinceri: nella prospettiva eurocentrica, noi siamo gli sfigati e Germania, Finlandia, Olanda ecc. i bravi ragazzi; al di là degli Urali e delle Colonne d'Ercole, però, l'economia e la politica dell'UE contano come il due di coppe, visto che Usa e Cina ormai se la raccontano tra loro, ignorandoci praticamente su tutto. È davvero tutta colpa degli Stati mediterranei?
Insomma, è il solito problema: per quanto allegra sia stata la gestione finanziaria di un Paese, allegria non più ammissibile in un sistema economico integrato come quello dell'Europa post-Maastricht, il rimedio non può essere il massacro. Rimettere i conti in sesto, stabilizzare i parametri economici e finanziari al prezzo di non aver più gente in grado di spendere i soldi che non ha, è talmente paradossale che sembra incredibile che stiamo piegando giusto verso quel baratro. Sarebbe come far esplodere tutte le testate atomiche presenti sul pianeta per avere area edificabile gratis e ritrovarsi senza nessuno che vada ad abitare le case che saranno costruite. Mario, questa è invece l'idea di te che hanno recepito gli itali votanti. Unita al fatto che, per stampellare qualcosa di effettivamente traballante, ti sei affidato al vecchiume più ridicolo, quelle frattaglie di ex centrodestra ormai prosciugate di qualsiasi credibilità. Mi duole per Fini, che però ha commesso il classico errore di chi va in chiesa per dispetto dei Santi: avesse detto subito 'no' all'idea di creare il PDL nel 2007, lasciando AN autonoma rispetto a Forza Italia, oggi vedremmo un'altra storia. Ha invece pensato di poter tenere il piedino in casa, sicuro di sfilarsi al momento giusto. Epperò, Fini caro, l'elettorato mal digerisce le giravolte di quello che era lì, ma non voleva venire, che accetta di partecipare, ma con riserva, che entra dove ce lo mandano, ma restando 'distinto e distante'. No, Gianf, senti me: abbiamo passato tutta la prima Repubblica ad assistere alle danze tribali dei parlamentari che erano amici il giorno prima e il giorno dopo si pugnalavano, quelli che davano la 'non sfiducia', che 'si riservavano di valutare di volta in volta', che ogni sei mesi chiedevano 'la verifica' di governo, mandando a Palazzo Chigi chi in realtà volevano fosse bruciato per i secoli a venire. Ciarpame veterorepubblicano. Troppo per gli ex aennini, assetati di uno sdoganamento che tu hai favorito grazie a Silviuccio e che, per essere irreversibile, non può finire in una lista di centro, dove tutto si confonde con tutto. Hai avuto coraggio a sganciarti e a subire la tua razione di macchina del fango, ma, come Gertrude, non avresti dovuto dire sì al principe che ti voleva monaca. I pentimenti tardivi non gratificano mai l'elettorato.
Poco o punto dispiacere invece per te, Piffi caro. Guarda, visto che ormai il mio passato elettorale è noto a chiunque, non esito a confessarti che, nelle elezioni col maggioritario del 1996 e 2001, la crocetta della quota proporzionale l'ho sempre messa sul tuo partito e, tieniti forte, votai te e solo te alle regionali del 1995 e del 2000. Chissà, forse avevo già germi di paraculaggine latente, e dare proprio TUTTO il mio consenso a Silviuccio mi rugava già allora. Ma così fu. Però vedi, sono quasi vent'anni anche con te e ancora oggi mi chiedo: ma tu, tirate le somme, che programma hai proposto in tutto questo tempo? Possibile non essere mai riusciti a capire, dietro la selva dei tuoi 'no!', dei tuoi 'così non va!', dei tuoi 'ascoltate me!', com'è che secondo te le cose dovevano andare?


 Possibile ch'io t'abbia visto esibirti in TUTTI i talk show politici su qualsiasi rete nazionale e locale, ti abbia sentito decine & decine di volte e alla fine della trasmissione mi sia sempre chiesto: “Eh, quindi?”.




Niente da fare, tu e la tua boccuccia tonda, da cui sono sempre usciti concetti tanto torniti quanto vuoti, calati con quell'accento bolognese da maestrino che si esaspera nello spiegare che il triangolo ha 3 lati e non 4, non siete mai giunti a capo di nulla.


Di Berlusconi, si dica quel che si vuole, almeno qualche idea si ricorderà, qualche slogan, dai, tipo “Per un nuovo miracolo italiano”, “Meno tasse per tutti”, “Siamo il partito del fare”, niente di che, intendiamoci, ma almeno la nostra memoria, di qui a 50 anni, avrà qualche tag cui ricondurre il suo pensiero. Di te non si ricorderà nulla, tu, degno allievo politico di un altro maestro insuperabile nel montare a neve l'aria, quell'Arnaldo Forlani che ha passato 30 anni di vita repubblicana parlando del niente e finendoci pure dentro, con tanto di bavetta rappresa durante gli interrogatori del processo Enimont. Ecco, Piffi, non mi capacito di come tu sia riuscito, in tutti i tuoi anni di protagonismo politico, a configurarti come un irritante signor-no che sapeva benissimo indicare agli altri dove sbagliavano, ma quando gli toccava proporre la pars construens precipitava in una genericità a dir poco desolante. E alla fine di tutto, ti sei messo con l'ultimo a cui poteva interessare davvero l'elettorato cattolico. Ora, come hai fatto a credere che la brava zia di provincia, di quelle che non si perdono neanche le messe in suffragio degli sconosciuti alle cinque dei venerdì sera di luglio, avrebbe dato il suo voto ad un androide calato dai freddi palazzi di vetro e acciaio dell'Europa banchiera? Quale afflato sociale, quale etica solidaristica, quale spirito di carità (agàpe, of course) hai mai visto promanare da Marione in questi 15 mesi per convincerti a salire in sella con lui? O, fedele alla tua linea di paguro nell'attinia, hai capito di non avere altro compagno di viaggio? Eppure nel 2008 sei andato da solo e hai preso bene. O forse che stavolta pensavi che quella roba lì del Marione ti avrebbe reso il tanto sospirato ago della bilancia che sogni di fare da 30 anni, in ossequio alla tradizione del partito in cui sei nato? Sbagliasti i conti, esimio. E il Quirinale ora è più lontano. Se penso poi che il tuo partito, o le bricioline che ne restano, rimane nominalmente l'ultima propaggine di quella che fu la Democrazia Cristiana di De Gasperi, uno che, per intenderci, ha risollevato l'Italia dal disastro, se penso che QUEL partito da solo, alle elezioni del 1948, si portò via il 48% dei voti e ora tu lo lasci all' 1,78... Sei ancora lì?

[svenimento di beghine in platea, pausa soccorso, giù il sipario]

lunedì 4 marzo 2013

"Signora Pasifae, il bambino ha la testa di un toro...".
"Moglie, c'è qualcosa che dovrei sapere?"
Atto 1


   
[Palcoscenico. Luci sulla platea bisbigliante. Tramestìo leggero dietro le quinte. Dalla platea, il pubblico comincia a rumoreggiare: "Den-tro! Den-tro! Den-tro!". Da destra e da sinistra entrano due figure incappucciate che paiono molto imbarazzate].


S. Agostino (scappucciandosi, a Petrarca) Vabbè, e come facciamo a tenerli buoni? [voci dalla platea: "Esci e commentaaaaa!!!"]. 
Petrarca: (scappucciandosi a sua volta) E che ne so? Non sa neanche lui da che parte cominciare...
A. Su, diamoci un taglio, improvvisa qualcosa, che io vado a prenderlo. [spinge Petrarca quasi sul bordo del palcoscenico].
P. [schiarendosi la voce] Ehm... Italia mia, benché 'l parlar sia indarno a le piaghe mortali che nel bel corpo tuo... [urla dalla platea: "Basta co 'sta lagna! Dateci il proprietario del blog!!". Qualcuno lancia sul palco una verza].
P. [scansando la verza] Screanzati! Quello che vedete voi oggi io lo vedevo già 700 anni fa! Credete che sia cambiato molto? Sì, all'epoca ci lasciavamo passare gli eserciti crucchi su e giù per lo Stivale, oggi votiamo contro la politica economica tedesca, ma restiamo un Paese di cani che si ringhiano addosso.
Voce dalla platea: Non puoi dire "righio", ceppa! Non è aristocraticamente medio, non vorrai imitare Dante???
P. [mostrando i pugni e dirigendosi verso il pubblico] Dimmelo ancora, dai, dimmelo!! Io non leggo quel poeta, C-H-I-A-R-O?????? [fa per scendere in platea]
A. [rientrando da sinistra] Signori, signori, un po' di contegno, obsecro, l'avete atteso a lungo e ora è qui, Eligio De Marinis, quello che vota sempre dalla parte sbagliata!!!! [entra da destra Eligio De Marinis, vestito in gessato blu a righe azzurrine, con in mano una cartellina per appunti dei Transformers e una penna; parte della platea applaude, parte fischia, parte si esibisce in sobri cori: "Scemo! Scemo!"; Eligio, con gesto di imperio, ordina il silenzio e la turba s'acqueta].
Eligio: Signori qui convenuti per dialogare piamente dei risultati delle elezioni politiche italiche che daranno vita alla diciassettesima legislatura (e già il numero invita a toccarsi le parti basse), perché urlare così? Siamo tra gentiluomini!
Voce dalla platea: Ma sparati, una volta che voti tu centrosinistra, questi scemi non sanno neppure vincere!!!
E. E che colpa ne ho io?  Non potevo ritrovarmi la Gelmini alla Pubblica Istruzione... E comunque non vincevano neanche prima...
Voce: Sì, ma stavolta avevano il match in tasca! Come si fa a polverizzare un tesoro del 15% di vantaggio?
E. E' appunto quello che andremo ad analizzare ora, se mi lasciate parlare. Agostino, Francesco, portate le lavagne, grazie.
[Agostino e Petrarca escono, poi rientrano spingendo ciascuno una lavagna su rotelle, poi escono di nuovo]


Ebbene, miei gentili amici, non v'è dubbio che ciò a cui assistiamo oggi è la nascita della Terza Repubblica, ovvero dell'ornitorinco parlamentare più aberrante della storia italiana degli ultimi 60 anni: tre forze politiche pressoché equivalenti, una parte di Paese attaccata ai suoi idoli oltre ogni ragionevole dubbio etico, una parte che sconta tutte le volte l'idea di sentirsi ontologicamente migliore 'di quegli altri che votano di là', una parte che mira a distruggere senza sapere ancora come ricostruire. Ebbene, è ufficiale: il Minotauro è in mezzo a noi. Una classe politica indecisa a tutto da un parte, un popolo equamente diviso tra guicciardiniani chioccioni e spaccatuttisti esasperati dall'altra hanno compiuto il miracolo di portare in Parlamento spinte vettoriali opposte che annullano tutto. La Seconda repubblica, di fatto, è defunta, ma la Terza non è proprio un gingillino. Come si è arrivati a ciò?


LAVAGNA 1: PD, OVVERO 'PERDENTI DESTINATI'.


Luigi, forse errai nel non dedicarti mai un post tutto tuo durante la campagna elettorale, forse avresti ascoltato quello che avevo da dirti, ma ormai è fatta. Diciamo che hai fatto meglio di Occhetto 1994, ma peggio di Prodi 1996, come Prodi 2006 e, numericamente, anche peggio di Veltroni 2008. Cosa vuoi mai sono cose...
Sai dove hai sbagliato? Certo, nel credere ciecamente ai sondaggi, ma si sa, sono numeri di carta che andrebbero sempre maneggiati con cura... Che nei sai tu di come fanno gli istituti demoscopici a selezionare i loro campioni? C'è omogeneità territoriale o pescano dove capita, basta che le cavie accettino di dire per chi voteranno? Come impostano la domanda? Chiedono la preferenza secca o circonloquiscono del tipo: "Se domani la terra stesse per implodere e lei fosse sul punto di veder svanire in un colpo tutta la Sua famiglia, voterebbe per Monti che le ha tassato pure la casa o per Bersani che smacchia i giaguari?". Cioè, vogliamo una buona volta eccepire sul grado di scientificità di 'sta roba? Quando il committente incalza per sapere a che punto sta coi voti, ma il campione sondaggiabile non si raggiunge, o non è proprio come dovrebbe, non vuoi che questi sparino zerivirgola a caso o intervistino la colf che lava le scale dell'edificio dove lavorano pur di avere il tot di pareri necessario a stilare la proiezione? Fatti un nodo al fazzoletto per QUALUNQUE futura gara elettorale: a mare sondaggi e sondaggisti. È chiaro che, se lo scarto tra instant poll, proiezioni e dati reali è risultato alla fine così assurdo il 25 sera, esso doveva essere in atto già durante la campagna elettorale, solo che nessuno se ne era accorto.
Ma poi, come hai fatto a bruciare tutto quel vantaggio? Berlusconi, certo, si è battuto come un leone (l'ho sentito col fiatone, però, non vorrei che la sua fibra cedesse...), voi non avete detto NULLA di interessante durante 50 giorni di campagna elettorale, avete traccheggiato mentre i piranha vi rodevano il fondo della barca, e alla fine siete arrivati a riva su un pezzo di tavolaccio, prima degli altri, certo, ma straccioni uguali.
Sai cosa? Silviuccio diceva cose francamente ridicole (la tempesta perfetta, il circolo virtuoso del consumismo, il premier è una figura inutile, ecc.) e diceva SEMPRE quelle cose in ogni occasione in cui l'ho sentito, dalla Gruber come alla conf-qualsiasicosa, ripetitivo finché vuoi, ma almeno si capiva. Cioè, i suoi discorsi avevano un senso compiuto, uno sviluppo logico, per quanto non condivisibile, erano, detto in scuolese, dei testi argomentativi inaccettabili nelle conclusioni, ma inappuntabili nello svolgimento. Dei copioni perfetti che lui ha mandato a memoria per ripeterli SEMPRE IDENTICI ovunque andasse, e come lo studente secchione che non capisce quel che studia, ma si convince di aver capito, il suo 7 nell'interrogazione (= 30% del voto italiota) se lo è sfangato comodo. Gli italiani lo hanno ascoltato, hanno capito (o creduto di capire) e perlomeno si sono fatti un'idea CHIARA del suo programma, al di là della condivisibilità. E poi hanno quietamente deciso. Da voi, da te pure, mezze frasi, periodi ipotetici senza capo né coda, giravolte su Monti e Vendola, arrampicate sugli specchi per il caso Montepaschi, ma alla fine contenuti boh. 
Voi alla fine avete peccato del vostro solito viziaccio: voi siete la sinistra, e a voi i voti devono arrivare per elezione naturale ed affinità elettiva. Detto in termini più crudi, voi vi portate dietro da tempo immemore la convinzione di rappresentare il Bene e la Verità assoluta, che i voti dati a voi provengano da un'umanità nobile ed eletta e migliore agli altri. Il vero identikit dell'elettore di sinistra è quello di una persona che si sente metafisicamente superiore a chi vota altrove. L'altra parte politica non è semplicemente costituita da persone che, legittimamente, non la pensano come voi, e rispetto alle quali credete di avere idee più efficaci: no, gli altri per voi sono esseri umanamente indegni, appartenenti ad una razza la cui esistenza è appena appena accettabile. Ricordo troppo bene quando, dopo le elezioni regionali del 2000 che diedero 10 regioni su 15 al centrodestra, una sobria Grazia Francescato, portavoce dei Verdi, così commentò il risultato della consultazione: "Ecco, questo voto è la vittoria di un'Italia incivile e ignorante!!!". I voti dati agli 'altri' sono voti buttati via, i veri, gli unici degni di stare al mondo siete voi; del resto, Gigino mio, cosa significava lo slogan di questa campagna elettorale: "L'Italia giusta"? Perché, chi votava di là era quindi 'sbagliato'? Ancora queste distinzioni del 2013? E volevate pure essere votati? Adesso coccolati la patata bollente del Senato e poi facci sapere.

LAVAGNA 2: PDL, OVVERO 'PARTITO DELLA LOBOTOMIA'

Lobotomia, s'intende, non di coloro che l'hanno votato, figuriamoci; lobotomizzati sono gli yesmen che, di nuovo, si sono accodati allo script berlusconiano, ricacciati ciascuno nel ruolo che lo staff di comunicazione e mediaticità assortita che imbocca l'ex premier e i suoi uomini ha cucito loro addosso: ecco tornare il duo d'assalto Lupi-Santanché, deputati allo sviare sempre le discussioni dal merito e aggredire sulla forma delle domande, costretti ad esibire una faccia che ha in realtà cessato di appartenere loro da un pezzo; ecco Alfano, con la boccuccia a culo di gallina che sbrodola già in campagna elettorale: “Vinceremo! Avremo la maggioranza!”, che dà le risposte che gli hanno detto di dire, che elogia Berlusconi come l'Unico Salvatore della Patria dopo aver sperato di sbarazzarsene, che a conteggi ancora aperti dice che il PDL avrà sicuramente la maggioranza in Senato e che loro hanno in fin dei conti vinto. La difesa dell'indifendibile, perché sennò si va a casa: politicanti che, pur avendo spesso altro da fare rispetto alla politica, si comportano come servi senza cervello, spinti evidentemente dall'unica cosa che le loro libere professioni non conferiscono: la visibilità. Tutti, di nuovo, risucchiati nella gigantesca soap berlusconiana, meglio di Dallas, collocati nella parte in commedia, a sostenere che Silviuccio ha fatto il miracolo (6 milioni di voti persi rispetto al 2008? E la chiami vittoria solo perché a dicembre era pure peggio?) e a millantare chissà che risultato. Ma è così: al netto di chi, come il sottoscritto, non ne ha più potuto dell'olocausto scolastico, di chi ha capito che ad Arcore non si giocava a palla bollata, di chi non ha più creduto alla storiella dei comunisti in piazza S. Pietro, di chi dopo 20 anni non ha davvero avuto la forza bersi le solite promesse di liberalizzazioni e taglio delle tasse, di chi ha visto troppi scandali per credere che i magistrati sbagliassero davvero TUTTO e agissero SEMPRE per pregiudizio politico, un 30% il PDL se l'è pure preso. Ora, non si tratta ovviamente di dire che hanno votato Berlusca tutti gli ignoranti che non hanno mai letto un libro negli ultimi 10 anni che non fossero le istruzioni del telefonino, le casalinghe ubriacate da Mattino 5, i pensionati scemi sedotti dalla balla della lettera di restituzione dell'IMU, 'i ladri come lui', i puttanieri evasori fiscali che vedono in lui il modello, ecc. ecc. Generico e sciocco giudizio: il voto al centrodestra viene da chi, per scelta di tifo, ma pure per intima convinzione, una sinistra mai veramente evoluta in socialdemocrazia non la voterà; da chi vuole legittimamente godersi i frutti di un'attività imprenditoriale troppo spesso minacciata da un mare di tasse, e che in Monti ha visto solo una sanguisuga vincolata alla freddezza dei conti da far tornare; da chi non sopporta la spocchia (la loro, con la minuscola) del pensiero unico sinistrese che indirizza cultura, festivàl assortiti, premi letterari, cartelloni di stagioni teatrali, col risultato che anche chi magari voglia di apertura culturale ne ha, si trova davanti il desolante spettacolo di operatori del settore affogati nel narcisismo, artisti che si parlano addosso o parlano solo tra sé, lasciando capire che la cultura è roba per pochi; relatori di festivàl, come certuni che sentii a Mantova, che arrivano a dire che “Pavese non si può davvero capire, è impossibile, è troppo superiore” e insomma cosa ci state ancora qui voi a tentare di attingere il tesoro destinato ai Pochi Giusti.
Certo, il PDL ha tirato su mister 'panino alla Divina Commedia' Tremonti, nel programma enunciato nel famoso videomessaggio della discesa in campo, s'è visto, la parola 'cultura' non compare, ma non si può davvero contestare la scelta di chi vuole vivere del suo lavoro e vede in Berlusconi il garante di ciò. Che poi lui sia sincero nelle sue garanzie, è un altro paio di maniche, ma qui conta la promessa che si è ammannita, e chi vi ha creduto merita il massimo rispetto; il problema, ma qui il peso dell'elettorato leghista è un altro ingrediente grave e da considerare, è il disprezzo per le agenzie culturali come la scuola, che ha smesso da mo' di essere feudo della sinistra, ma che lo è ridiventato perché anche chi ha una storia di simpatie politiche tutt'altro che mancine, ad un certo punto ha votato non il meglio, ma chi almeno garantiva meno assalti possibili. Si tratta di un ritardo storico, figlio di politiche culturali che hanno sempre teso a far percepire il sapere come patrimonio di pochi: le 'genti meccaniche' sentitesi disprezzate o non interessate ai processi di culturalizzazione, ad un certo punto hanno cercato sponda politica in chi della cultura non sa che farsene. E cosa dovevano fare, se il bene vero della cultura non gli è mai stato proposto?
Bravo, Silviuccio, hai semi-rimontato, hai messo in campo di nuovo arroganza e aggressività, hai monopolizzato i dibattiti parlando senza ascoltare, hai sparato fuori promesse, buttato tutto in caciara, ma non avevi scelta. Appellandoti a tutta la tua capacità di autosuggestione, hai di nuovo, aristofanescamente, creato una realtà a tua misura, dicendo che i tuoi sondaggi ti davano più su degli altri per creare l'effetto convinzione nel tuo elettorato, la profezia che si autoavvera, se ti sentivano dire che eravate vicini al PD, anche se non era vero, si sarebbero comunque risbalditi a votarti. Qualche slogan ad effetto, e di nuovo tutti lì. Ma stavolta, mi sa che hai davanti a te il destino della Kallianassa: si tratta di un molluschetto tropicale, sorta di gamberino trasparente che, messa incinta dal Kallianasso, genera al proprio interno circa 250 kallianassini, poi li sforna tranquillamente uno ad uno, quindi muore per lo sforzo. Ecco, per quanto questa tua ultima battaglia politica abbia i tratti di un'epica sui generis, ovvero l'apparente vittoria dovuta in realtà all'arretramento in tandem dei due principali competitor a vantaggio di un terzo outsider, non so, secondo me hai dato davvero tutto. Forse troppo. Fatti forza, sento profumo di tempesta, ma ricordati che anche Ratzinger, dopo un po', non ne ha più potuto...

[sipario- fine primo tempo]