Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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domenica 30 dicembre 2012

"Lacrime del tramonto", episodio 3: ti piace il mio gattino? L'ho schiacciato ieri....

(Qui l'episodio 2)

Uscita quindi dall'ospedale, Mareja cominciò a pensare a come vendicarsi della cugina. Ci voleva evidentemente un pretesto, poiché in Chachakunya vige l'obbligo di inventarsi una scusa per litigare persino con gente che non si è mai vista prima, accampando in genere una qualsiasi offesa, anche immaginaria. Mareja, per verità, di pretesti per scatenarsi contro Derrilla ne aveva assai assai, essendo state le due, fin da giovinette, in acerrima competizione per garantirsi la primazia nelle preferenze regalifere dall'ormai defunto nonno Guylastro, ricchissimo ed eccentrico petroliere, padre di Wak e Truleida, che ad ogni Natale prometteva bambole parlanti, dolciumi e fucili assortiti a quella delle nipoti che avesse cantato meglio le canzoncine tradizionali. Essendo Mareja stonata come un capodoglio violentato di fresco, Derrilla aveva buon gioco a vincere sempre, visto poi che le altre cugine erano incapaci di ricordarsi anche solo mezza strofa di una qualsiasi canzoncina, mentre lei, accortamente, aveva imparato a scriversi il testo sul palmo della mano e a leggerlo fingendo di schermarsi il volto per la timidezza di esibirsi davanti al nonno.
Ciò detto, è a tutti chiaro come Derrilla, vincendo quindici vigilie di Natale consecutive, avesse messo insieme un patrimonio di regali che Mareja non poteva che detestare. La fanciulla passò quindi circa due anni a cercare un'ingiuria, ma grossa grossa, da rinfacciare alla cugina; giusto nei giorni immediatamente antecedenti l'inizio della nostra blognovela, si era sparsa la notizia del fidanzamento di Derrilla e Faillor. Mareja, a quel punto, decise di ricordarsi che, otto anni prima, la cugina le aveva servito nel caffè zucchero di canna invece che dolcificante dietetico, in ciò contribuendo certamente al suo inquartamento, che l'aveva portata a sfiorare il quintale in più occasioni. "Maldida!!!!" pensò Mareja "Devo rrrovinarte el fidanzamiento, perlomeno...".
La ragazza mancava però di fantasia: dopo aver scartato le opzioni-standard tipiche della tradizione chachakunyese (cambio della data di tutti i calendari della città, cianuro nella torta nuziale, bomba al plasma durante la cerimonia), si risolse a chiedere aiuto alla più esperta invadente di tutta las Rooedas, la simpaticissima dama francese naturalizzata Adrianette Ciervinha Nomoromàs. Costei, fuggita dal suo resort in Costa Azzurra per un problemuccio col fisco transalpino, aveva scoperto che in Chachakunya l'evasione fiscale è conteggiata nei concorsi pubblici come titolo che dà punteggio e serve alla progressione di carriera nel corpo diplomatico. Innamorarsi del posto fu un attimo.
Mareja raggiunse dunque Adrianette nel suo villino sulle colline sopra la città. Un'innata modestia, l'adeguamento allo spirito dei tempi, ma sopratutto il desiderio di non venire avvistata dai satelliti fiscali francesi, avevano spinto Adrianette ad una scelta di basso profilo, ciò per cui il tetto del villino era tutto cosparso di pannelli solari al piombo che secondo la padrona di casa producevano un'ottima energia; all'ingresso, umilmente contrassegnato da una gigantografia dello stemma di famiglia in cartone appiccicata alla porta, vi era un maggiordomo di paglia, che si trovava in un punto dove le correnti del vento confluivano e lo facevano muovere proprio come nell'atto di introdurre gli ospiti all'interno della casa. Interno di squisita misura: l'ampio salone col pavimento in linoleum immetteva su un ancor più ampio scalone di marmo sbeccato, coperto di tenerissimo e liso tappeto rosso, salendo il quale si giungeva ad un ballatoio cosparso di ferramenta, ai cui lati stavano due grandi finestroni che davano sull'esterno, venendo alluvionati dalle 7 del mattino alle 4 di notte dalla fontana di luce dell'acciaieria confinante. Proseguendo a destra, il ballatoio immetteva nella zona notte, la più frequentata da Adrianette, perennemente insonne. Proprio nella camera da letto della donna, riccamente addobbata con tappezzeria a strappo e lampade cinesi sbruciacchiate, Mareja ebbe il suo decisivo colloquio.
"Ma chère Adrianette, c'est vraiment un grand plaisir.....", principiò la fanciulla, ottimanente educata nei migliori call center della L'Oréal
"Ahò, tte sei decisa a veni'.... Me se stavano a sfrancica' le zinne a sta' qqua seduta in 'sta posa da donna fatale daa soppòperas...!!!".     
Sì, in effetti la nanerottola con voce da ippopotamo imbarazzato che Mareja si trovò davanti non corrispondeva proprio del tutto all'idea che la ragazza si era fatta della sua ospite. Adrianette stava supina sul letto col materasso ripieno di fogli di giornale (ottimo per il freddo invernale, specie a las Rooedas, dove la temperatura più bassa mai registrata è +12°), avvolta da una vestaglia color melanzana e sfogliava avidamente un rotocalco dalla cui copertina spenzolante si potevano intuire le facce di due o tre degli One Direction. La donna ingannava l'attesa masticando un pezzetto di avocado.
"Vabbe'...." penso Mareja "A questo punto....".
"Dunque," ruggì Adrianette, voltandosi su un fianco e facendo segno alla ragazza di sedersi su un divanetto di pelle di tigre "me ddicevi ar telefono che tte devi vendica' daa tua cuggina stronza... ahò, occhio!", urlò poi, quando vide che Mareja, sedutasi sul divano (la cui pelle era ancora abitata, trattandosi di una tigre viva), aveva rischiato di farsi mangiare una mano.
Mareja, sobbalzando sconvolta, restò in piedi davanti ad Adrianette e confermò: "Sì, senhora, quiero vendicarme por el zucchero que ma engrassada... la mejor soluciòn sarebbe sabotar el fidanzamiento de Derrilla, solo que mancan poche ore all'evento e non so que hacer...".
Adrianette ruminò pensosa l'avocado, poi lo sputò ("Ammazza, na sòla de carrarmato è più tenera..."), quindi si alzò a sedere e così sentenziò: "Amica, secondo me cce vo' er diverzivo. Me ricordo, quanno in gioventù io e l'amiche mie intrattenevamo ospiti ar Testaccio...vojo di', davamo ricevimenti in Costa Azzurra, la cosa più divertente era er momento che la moje der marito de cui ce preoccupavamo de intrattene'... 'nzomma, quanno sartava fuori aa relazione extrauterina... no, come se dice, extraconiugale, allora volaveno ciavatte che nun te dico...".
Mareja ascoltava, col tipico mazzetto di punti interrogativi sulla testa in stile Hanna e Barbera.
"Taa faccio bbreve: trova un catenaccio quarziasi e fallo spunta' fòri ar momento che se fidanzeno e ffallo dichiara' a tua cuggina. Risurtato no garantito, STRA-garantito: se la cuggina fa la figura d'aa zoccola, nun z'aa filerà più nnessuno fino ar giubbileo der 3026".
"Madre de Dios, che consiglio geniale... Gracias, Adrianette, te sarò siempre grata".
"Molla er cinquantino d'aa gratitudine, sennò tte sguinzajo aa tigre...".
Mareja, lievemente intimorita, eseguì, Adrianette incassò.
La ragazza aveva ora il piano perfetto per vendicarsi, le mancava solo 'er catenaccio' da sacrificare sull'altare del suo rancore. Chi, si chiedeva Mareja rincasando, poteva essere così ricattabile da venir obbligato a dichiarare una falsa relazione con Derrilla, rischiando peraltro l'ira di Pif e Wak, che si sarebbe tradotta in immersioni forzose dentro la vasca dei piranha del loro salotto?  
Mentre l'amletico ponzare occupava le testolina della ragazza, costei era giunta ormai sulla soglia del portone d'ingresso del pezzo di villa che Truleida le aveva assegnato purché si rassegnasse al suo matrimonio con Sidròn. Toh, giusto prima che lei infilasse la chiave nella toppa, il portone si spalancò, e il suddetto Sidròn le piombò addosso senza nemmeno vederla. Il ragazzo era, come sempre, a torso nudo, ma sembrava stesse fuggendo. Dall'interno del salone d'ingresso, si udiva una voce maschile: "Guapo, cuanto me gusta giocar al birillo...".
Sidròn e Mareja si rialzarono, lui rosso in viso e palesemente affannato, lei con la tipica espressione da vedova nera al centro della ragnatela ove ormai disperato si dimena il cucciolo di scarabeo infallibilmente appiccicato e in trappola.
"Sidròn, querido... hai passato la esponda del rio por arrotondar più rapidamiente?".
"N-no, Mareja, deliciosa, ti assicuro...".
"Contro i furti? Già fatto il mese scorso....", ridacchiò lei, conscia di aver azzeccato la prima battuta sarcastica della sua vita.
"M-Mareja, stavamo solo giocando..."  (voce da dentro, dal timbro più scuro dell'altra: "Sidròòòòòn.... il perizomino....").
"Dulce lui... te gustan i lavori de gruppo?".
"Escuchame, ninha, sono amici, sai, la goliardia...".
"E la senhora madre, tua mujer, che dice?". Silenzio e occhi bassi. "Aaaahhhh, non sabe na ceppa de nada, es verdad?". Sidròn si tormentava le tasche dei jeans ottimamente sdruciti.
"Sidronito, mi amooorrr.... me avevi promesso de provar la polizza incendio....". Stavolta pareva di udire un Uruk-ai.
"Va bien... sono entrappolado...." allargò le braccia il giovane. "Sparame las tuas condiciones por tacer...".
Mareja, luminosa in volto, ma tenebrosa nella voce, prese sottobraccio l'ex marito e lo condusse nel patio: "Sai, esta tarde Derrilla se fidanza....".

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