Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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martedì 27 novembre 2012

Caro Mario, nonnonnò

Aggiungo volentieri, anche tentando di vincere il ribrezzo per l'ennesimo ripetersi dell'identico copione, la mia voce a quelle dei tanti addetti al settore dell'istruzione che sono semplicemente rimasti basiti dalle esternazioni del nostro quasi ex- forse once again Presidente del Consiglio Mario Monti rilasciate nella nota trasmissione di Fabio Fazio intitolata: "Dite quel che volete, noi qui non si sa nemmeno il significato della parola contraddittorio", in onda su raitre l'altro giorno. Approfittando del fatto che Fazio fa sempre parlare l'ospite e non lo incalza mai, a meno che non appartenga allo schieramento di centrodestra, Marione nostro si è lasciato scappare una cosuccia: la recente protesta degli insegnanti, dettisi indisponibili ad aumentare di DUE ore l'orario settimanale, cosa che avrebbe portato incalcolabili vantaggi alla scuola in termini di didattica e cultura, ha dimostrato il prevalere nella classe docente di una logica tristemente corporativistica. Di più, le manifestazioni studentesche delle ultime settimane sarebbero state segretamente aizzate dagli insegnanti medesimi, che avrebbero sfruttato i loro stessi alunni per creare confusione e spaventare un po' tutti. Bum.
Ora, per fortuna Fazio ha parzialmente rimediato alla toppa facendo parlare ieri sera Massimo Gramellini a difesa della nostra categoria, nondimeno il vulnus resta, e lo testimoniano le numerose prese di posizione dei sindacati e dei docenti. Non vi annoio a ripetere ciò che da altri è già stato eccellentemente osservato circa l'infelice uscita di Monti (mi limito ad osservare che le ore in più che si volevano IMPORRE, senza peraltro un corrispondente aumento stipendiale, erano 6 e non 2, con conseguente ricaduta di ulteriori tagli al personale) e vado oltre: le parole del premier dimostrano anzitutto che la battaglia contro un ulteriore accanimento nei confronti della scuola, da cui è risultata la cancellazione dell'aumento di orario a 24 ore, è stata solo un episodio di una guerra che, dopo la tregua elettorale, riesploderà anche più fragorosamente di adesso. Non illudiamoci di aver vinto: dovendo venire incontro alle esigenze di risparmio previste dal fiscal compact (45 miliardi all'anno per 20 anni), qualunque governo futuro dovrà mettere pesantemente mano alla spesa pubblica, scuola inclusa. Monti lo sa e sa pure che c'è una discreta possibilità che nella prossima legislatura gli vengano affidati compiti di governo, MINIMO come Ministro dell'Economia; gli pare dunque legittimo mettere le mani avanti e cominciare sin d'ora a sottolineare la cieca chiusura del personale scolastico ai superiori interessi della collettività, con un obiettivo fin banale nella sua evidenza: proseguire la campagna di squalifica dei docenti, dipingendoli come una cricca di gretti meschinelli attaccati a chissà quali privilegi. Il popolo, la pancia del Paese voglio dire, deve sapere che, quando e se si rimetterà mano a nuovi martoriamenti sulla scuola, noi insegnanti in fin dei conti ce lo saremo meritato. Stessa logica della Gelmini: è giunto il momento che la scuola paghi.  
Allora, gente, mettetevi in testa una cosa: che i governi compattino fiscalmente e decidano tagli a sangue per 20 anni, forse inconsapevoli che andranno a creare una bomba sociale che porterà il Paese sull'orlo della rivoluzione, può starci, vista la miopia guicciardiniana che da sempre li caratterizza. Cercate però di capire che tagliare un settore come la scuola non equivale agli interventi effettuati sugli altri settori. Lungi da me creare classifiche di qualità nelle varie branche dal servizio pubblico. C'è però una verità dichiarata dai fatti: un impiegato di qualsiasi ufficio statale, anche ultracinquantenne, anche sessantacinquenne, deve avere a che fare certamente con altre persone, ma in generale si parla di adulti mediamente seri, e a ciò si aggiunge il rapporto con mute ed immobili pratiche da sbrigare. Un insegnante, invece, deve interagire quotidianamente coi ragazzi, con persone distanti da lui per età, cultura, costumi, visione del mondo. La velocità dei cambiamenti culturali e sociali della nostra epoca fa poi sì che, anche tra persone distanziate tra loro da pochi anni di età, si crei un notevolissimo divario che spesso rende ardua la comunicazione e la condivisione. La qual cosa, se già va a creare situazioni problematiche in generale, diventa deflagrante allorché è in gioco la trasmissione di quelle competenze nozionistiche e operative che andranno a plasmare i cervelli degli adulti di domani. Se i super-tagli previsti dal fiscal compact andassero davvero a toccare la scuola in termini di ulteriori tagli, come ho già spiegato altrove, l'unico vero risultato sarebbe l'invecchiamento, per non dire la mummificazione del corpo docente, giacché manterrebbero il loro posto solo quelli con maggiore anzianità di servizio. Provate ora ad immaginare una classe di futuri bimbominkia destinata ad interagire solo con professori over 50 o addirittura over 60, vista la spaventosamente alta età media dei nostri insegnanti. Spero che nessuno abbia il coraggio di affermare che la relazione educativa "non potrebbe che essere feconda", essendo essa basata sull'interazione tra un adulto fortemente esperienziato e una massa di cervelli vivacissimi e necessitanti di inquadramento. Non scherziamo: l'effetto vero sarebbe quello di un profeta decrepito condannato a parlare in un deserto che lo ignora. Ciò non vuol naturalmente dire che solo gli insegnanti giovani possono svolgere questo mestiere, ma se si intende davvero ibernare il turn over tra generazioni di docenti, si creerà un oceano incolmabile di incomprensione linguistica e psicologica tra la scuola e i suoi utenti. Il docente entrerà sempre più svogliato  e sfiduciato in classe, i ragazzi, che già faticano ad interessarsi a qualsivoglia cosa esca dal loro orizzonte videoludico- filmico- consumistico, non concepiranno alcuna passione per gli argomenti proposti, vista la terrea lugubraggine di colui che glieli ammanirà. Risultato finale? Finiranno tutti per gettarsi su internet alla ricerca di quelle informazioni che l'attività didattica non darà loro, o somministrerà in modo noioso e non coinvolgente; ecco allora che all'insegnante avvizzito non resterà che ricoprire il ruolo tanto caro alla cultura scolastica anglosassone di "facilitatore", umbratile personaggio che gironzola tra le postazioni informatiche cui sono incollati gli alunni intenti a cercare sul web i materiali per le loro ricerchine. Non più allenamento all'esercizio dello spirito critico, non più abitudine allo studio faticoso e al rendiconto degli apprendimenti, non più la spirale crescente delle difficoltà e dei risultati: tutto si risolverà nella perenne orizzontalità del problem solving e della creatività fasulla alimentata dal semplice copia e incolla di ciò che gira sul web. Questo è il futuro che si vuole per la nostra scuola, e questo è quanto si celava dietro le poche ma esplicite parole del premier l'altra sera. Pensino i genitori se i loro figli e nipoti si meritano una scuola simile.

2 commenti:

  1. Questo governo tecnico, ancor più della cara "ministra" Gelmini, ama sputare sentenze dall'alto della poltrona, scantonando così il rendiconto del proprio operato davanti all'opinione pubblica. Non commento questo tipo d'atteggiamento, per non vomitare. Mi limito a dire che mi ricorda la cara, vecchia Maria Antonietta (http://inchiostro.unipv.it/?p=8390)...

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  2. In tempi di dominio della tecnica e dei tecnici, gli alfieri del libero pensiero sono i primi a venir bersagliati.

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