Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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sabato 12 gennaio 2013

"Lacrime del tramonto", episodio 4: avevo un uccellino.

(Episodio 3 qui)


La mattina del fidanzamento, dunque, passò rapida e affannosa. Wak litigò con quelli del catering, perché a suo dire c'era troppo poco burro d'arachidi nella tartare di tonno che avrebbe dovuto costituire l'intermezzo della cena, scandita da 122 portate in 4 fasi, divise equamente tra mare (crostacei bolliti e trote vive), monti (frullati di selvaggina assortiti), terra (cacciagione e uova di cobra) e stagno (rane fritte). Pif si era incaricato di assaggiare personalmente ciascuna delle pietanze, metti mai... Derrilla si svegliò di buon'ora alle 11.45, ma la tensione le impedì di fare colazione; avvolta nella sua vestaglina di ornitorinco strabico, telefonò a Faillor per chiedergli di arrivare a casa sua mezz'ora prima del previsto, in modo da aiutare Pif a vestirsi, detto che era necessaria la forza bruta di 5-6 persone per far entrare l'uomo nel frac che aveva ordinato, e gli inservienti erano già tutti con l'ernia. Faillor acconsentì. Fu quindi la volta della distribuzione degli incarichi per la cerimonia: avendo 4 simpaticissime sorelle (in ordine decrescente di età esse si chiamavano Tormiento, Martirio, Delirio e Calvario), la nostra frizzante protagonista aveva in mente di usarne due (le più magre) come damigelle d'onore e le altre 2 (le più grasse) come damigiane, nel senso che avrebbero dovuto servire da bere agli invitati prima, durante e dopo la consegna degli anelli; scesa in salotto, tuttavia, ebbe la sgradita sorpresa di trovare sul tavolinetto vicino al clavicembalo 4 buste sigillate con ceralacca, recanti ciascuna il simbolo di famiglia (un lumacotto caduto in padella), e tutte e quattro recavano ben visibile sul dorso la scritta: "Alla mia queridissima hermanita", dal che la ragazza dedusse che le autrici erano le sorelle. Aprì la prima lettera, quella di Tormiento: "Carissima Derrilla, soy veramiente mortificada, ma proprio oggi devo andar dal dentista e penso de estar via todo el giorno, salutami Faillor. Besos". Le altre riportavano scuse consimili. "Ecco," pensò Derrilla "le solite invidiosas...". Non che non se lo aspettasse: la sera prima aveva litigato con tutte e quattro, perché si era accorta che il clavicembalo su cui Faillor avrebbe dovuto suonare la loro canzone di fidanzamento era scordato, e siccome l'ultima ad averlo usato era stata Martirio 16 anni prima, evidentemente era guasto da allora, quindi era colpa sua; invano Delirio e Tormiento le avevano fatto notare che la cosa era impossibile, dato che il clavicembalo suonato da Martirio era andato distrutto in un incendio, mentre quello che avevano in casa era stato comprato in saldo due anni prima e accordato all'epoca. "E allora come mai non suona?" aveva quindi tuonato Derrilla. "Forse perché non hai tolto il silenziatore..." le aveva fatto notare Martirio. "Ah, ti credi più brava di me? Allora fino a domani non vi parlo piùùùùùùùù", aveva replicato Derrilla, scappando in camera. Ed ecco il bel risultato. "Devo procurarme otras damigellas..." rimuginò la giovine e prese a telefonare pazzamente a tutte le sue compagne di collegio, che però non le risposero, perché avevano litigato con lei il mese precedente, quando all'esame di raviolologia applicata tutte avevano preso più di 28, e Derrilla solo 19, perché la sera prima era andata a vedere il concerto della star di Chachakunya, Mohamed Marranjo, tornando alle 4 del mattino seguente, con l'esame alle 8. Sentendosi ingiustamente penalizzata, la ragazza aveva carinamente dato della zoccola a tutte le compagne, in ciò interrompendo amicizie che duravano da ben tre settimane. E i telefoni, infatti, tacquero. "Oh, maldida suerte, come farò ahora?" piagnucolava Derrilla, distesa mollemente sul divano di corna d'alce giusto accanto alla vasca dei piranha del salotto. "Forse a questo punto me conviene buttarme nella vasca...". Ma una voce flautata la distolse: "Cuginita, porque piangi? Te posso aiutar?". Era Mareja, la cara ed insostituibile Mareja, giunta in largo anticipo per studiare l'ambiente. "Oh, Mareja del mio corazòn, chi è il carrozziere che ti ha pettinada?" sussurrò Derrilla al vedere la cofana di capelli della cugina, larga come la cugina stessa. Mareja abbozzò, vista l'urgenza della missione, e replicò: "Non puedo sopportar las lacrimas sulle tuas guanciottas, querida. Qual è il problema?". Derrilla spiegò rapidamente il tutto, e Mareja si illuminò: "Ma non te preoccupar, cuginita, te farò io da damigella! Se non ci si aiuta tra parenti, qui...". "De verdad, lo faresti?" mugolò incredula Derrilla. "Oh, te sarò grata per siempre... Ah, però ti sei seduta sopra il mio bolerino di cinghiale, come hai potuto, basta, non ti guardo piùùùùùùù!!!!" e si alzò per andarsene. Mareja, pazientemente, aspettò i quattro minuti canonici, dopodiché Derrilla ricomparve sulla soglia del salotto e disse: "Facciamo la paz? Me serve assolutamiente la damigella...". "Ma seguro..." rispose la fanciulla.
E venne la sera: i 2000 invitati avevano preso posto nel giardinetto, seduti su sedie di vimini e acciaio disposte a forma di cuore attorno all'altare del fidanzamento, un delicato cubo di cemento armato con sopra una tovaglietta di fibra di rodio, due candele sorrette da schiavetti etiopi e cinque aiuole di baobab. La doppia fila di pini marittimi fatta mettere da Wak aveva sortito il suo effetto, poiché il sole non offendeva gli occhietti liftati delle invitate, in compenso gli aghi secchi volavano giù ad ogni alito di vento e infilzavano diffusamente gli astanti.
In prima fila sedevano Pif e Wak. Pif, sobriamente vestito col frac anzidetto, da cui fuoriuscivano generosamente i glutei di una buona metà, si guardava attorno famelico, poiché già pensava all'aperitivo imminente; Wak, emozionatisima, vestiva con un completino grigio perla, costituito da una gonna- pantalone di lontra con sandaletti alla schiava, camicina trapunta di bottoni a forma di caramella e un cappellino alto 80 centimetri di raso viola, sormontato da un pappagallino impagliato. Le altre invitate non erano da meno; Truleida, tuttavia, rodendosi d'invidia per il successo della nipote, che fatalmente si sarebbe riverberato 3 sorella, era venuta apposta vestita male per dare l'idea di schifare l'evento, per cui esibiva una sottoveste verdona e zoccoli da ortolana, nessun braccialetto e un misero collier di rubini secchi al collo. Wak l'aveva poi pure provocata: "Maaaa.... el tuo maritinho se è dato por malado? Dov'è, che non lo vedo?". "No, hermanita, Sidròn està un attimo a casa sua a finir una pratica, ma ha detto che farà in tiempo". "Escussame, Truleida, ma da casa sua a qua estàn 200 kilometros...". "E vabbe', prenderà l'Intercity!!!", aveva concluso la donna, irosa assai. Sì, in effetti la casa di Sidròn, mai messa in vendita anche dopo il matrimonio con Truleida, si trovava prima della valle entro cui si distende la provincia di Chachakunya, e Sidròn aveva detto a Truleida che gli urgeva recarsi là per mettere a punto una nuova polizza contro le rotture dei vetri delle finestre causate dal guardarci troppo attraverso. Truleida stessa era rimasta interdetta da quella motivazione, temendo che il maritino avesse ripreso gli antichi vezzi, ma si era rassegnata a fidarsi. In seconda fila sedevano, tra gli altri, gli unici figli maschi di Pif e Wak, fratelli di Derrilla. Uno, Paquito, era nato tra Martirio e Delirio, mentre l'altro, Palmito, era proprio il più piccolo di tutti. Dal che si deduce che Paquito fosse il mezzano esatto di tutta la nidiata. Ciò gli aveva procurato non pochi complessi in gioventù, poiché le sorelle più grandi lo tenevano alla larga dai loro affari in quanto troppo piccolo, ma non poteva nemmeno giocare con le sorelline e Palmito, perché ormai era troppo grande per loro. A ciò aggiungasi che Paquito era piuttosto grassoccio, laddove Palmito era smilzo e piacente. Paquito aveva quindi patito un'infanzia di solitudine e rancori, puntualmente sfogati alla prima occasione. Era poi stato spesso visto in compagnia di Mareja.
Suonò la fanfara preregistrata in Mp3 da Palmito e fecero il loro ingresso i futuri fidanzati. Faillor, accompagnato dal suo meccanico di fiducia, indossava un abito di ottimo taglio, giacca e pantalone arancio, camicia blu, cravatta oro, sneakers di sottomarca. Derrilla, accompagnata da una sghignazzante Mareja, aveva optato per un tailleur fasciante color pesca, decidendo però di abbinare una gonna di lustrini e cordine etniche tintinnanti, mentre ai piedi calzava degli infradito di plasticotto bianco, ideali per le serate umide di Chachakunya. Mareja, più o meno inserita dentro un tubino color ocra, sorrise maliziosa a Paquito, passandogli accanto.
I due promessi presero posto davanti all'altare, di fronte al sacerdote che avrebbe officiato il rito, don Ardiego de la Firmidad, ex discotecaro, ex piazzista di padelle, ex riparatore di infradito, ex studente di bioriflessoplantoagrocriologia fuoricorso, iscrittosi al seminario 3perché qualcuno gli aveva detto: "Lì si mangia bene". Ciucco come suo solito, don Ardiego invitò Derrilla e Faillor e rispettivi damigelli ad alzarsi. "Que emociòn..." sibilava Wak, vedendo che la pro-pro-zia invitata all'ultimo minuto non aveva la borsetta coordinata con gli orecchini.
"Y ahora...hic... los duos piccioncinhos qui davanti a me...hic," iniziò tentennando don Ardiego "sono pronti per...hic... escambiarse le reciproche promesse d'amor...". [Segue tutta la pappardella sull'importanza dell'amore e della fedeltà, nonché della monogamia] "E quindi, Derrilla e Faillor, siete pronti a scambiarvi los anellos?". I due, emozionatissimi, fecerò 'sì' con le testoline, tentando contestualmente di togliersi dalla bocca gli aghi dei pini marittimi. "Ebbene, prego los testimones...hic... di dare los anellos...hic... ai fidanzatos", terminò don Ardiego, ormai privo di sei diottrie per occhio. Lentamente Faillor prese gli anelli dal testimone; Derrilla lo guardava sospirosa, ma ecco che Mareja sussurrò alla cugina: "Derrilla, querida, hai controllato la posta, stamattinha?". La ragazza, interdetta, stava rispondendo: "Cosa? Porque? No, no, certamiente no....", quand'ecco che dal fondo del parcò si udì un clacson con rumore di bue muschiato in amore, dopodiché una stentorea voce gridò: "Raccomandataaaaaaa por Derrilla Markiunteira Nopejo!!!!". Tutti si voltarono e videro comparire Mohamed Marranjo, che, a cavallo di una moto di notevole cilindrata, irruppe tra gli astanti.
"Oh, Senhor.... Mohamed que presenzia al mio fidanziamiento... Mareja, te pare possibile?". "Stupefacente..." cicicchiò la cugina, sorridendo a Paquito. "Derrilla querriddissima, " riprese Mohamed "te vengo a portar un regalinho tutto pepatinho!!!" e si avvicinò all'altare sgommando. Fu allora che la folla commossa notò che sul retro della supermoto c'era una busta formato gigante 3 metri per 2, stranamente rigonfia. Derrilla tremava tutta. Wak era prossima al collasso dalla gioia. Truleida stava per lanciarle uno zoccolo. Mohamed raggiunse i fidanzati e voltò la moto per far cadere davanti a loro la busta. Faillor guardò la scena imbambolato, perché la busta si agitava tutta, come fosse viva, la qual cosa provocava pure un discreto disgusto. "Ecco, che il regalo si mostri!!", proclamò Mohamed. La busta continuò a contorcersi finché larghe crepe cominciarono ad aprirvisi, crepe dalle quali iniziarono a far capolino membra umane variamente semoventisi: prima una mano, poi un piede, quindi una testa... Fu un attimo accorgersi che il proprietario di tutti questi frammenti era uno solo, e stava pure rischiando il soffocamento: Sidròn.
"Cuginita... esto es el tuo ex marito o mi sbaglio?", bisbigliò Derrilla. "Que giocherellòn...", ridacchiò Mareja.
Liberatosi definitivamente delle cartacce, Sidròn si alzò, pur avendo ancora pezzi di busta attaccati ai capelli. Dopo una tossicchiata diplomatica, l'assicuratore espletò ciò che Mareja gli aveva imposto di fare: "Derrila, mujer piena de virtud, como tuo fedelissimo fidanzato ad orologeria, dopo anni e anni de frequentaciòn e confidencias, te priego de non te fidanzar con esto cetriolòn, non disonorarte con uno che non sa neppure in che tonalità è composta la nona sinfonia de Beethoven...".
"Beh, in rosso, no...?", azzardò Faillor. La sua risposta non sortì tuttavia l'ilarità che ci si poteva aspettare, perché la sua voce fu sovrastata da un "ooooohhhhh!!!!" collettivo che si propagava come un'onda del Pacifico in tutte le bocche dei presenti. Lo scandalometro del giardino, pratico oggetto presente in ogni casa chachakunyese per misurare il grado delle offese ricevute, toccò quota 100, poi esplose. Wak svenne. Pif, avendo saggiamente intuito che per quel giorno era andata in vacca, si gettò sul buffet per difenderne, mangiandoseli, gli stuzzichini prima che gli inservienti del catering li portassero via, poi però eccedette con le lumache fritte e svenne. Sull'altare, don Ardiego aggrottò le ciglia, poi si fece un cicchettino per chiarirsi le idee e svenne. Faillor guardava Derrilla e poi Sidròn, Sidròn e poi Derrilla. Stava per chiedere conto delle parole del marito di Truleida, ma svenne, centrato in piena nuca da uno zoccolo scagliato per rabbia da Truleida stessa, che però era destinato a Sidròn, ma la mira difettava alla donna. Mareja, al colmo della gioia per aver azzoppato il fidanzamento della cugina, svenne. Derrilla, inorridita da quanto era successo, fuggì dall'altare e scappò verso casa, inciampando tuttavia nel cavo di ferro che teneva in piedi i pini marittini piantati in tutta fretta quel pomeriggio, divellendolo. Ciò provocò il crollo in contemporanea dei pini predetti, i quali finirono addosso alla folla, che svenne; Derrilla stessa, battendo la testa contro lo spigolo del go-kart di Palmito, svenne. A Sidròn non restò che fare il conto dei danni per il risarcimento assicurativo, in ciò assistito da Paquito. (4- continua)

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