Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



Per scaricare il poliziesco pentadimensionale I delitti di casa Sommersmith, andate qui!!!

mercoledì 5 dicembre 2012

La politica è una scuola di vita. No, anzi, una scuola e basta.

Bersani ha vinto le primarie (skip forward to) toh, lo spread è sceso sotto quota 300 (skip forward to) ah, voteremo ancora col porcellum (skip forward to) addio, Monti (Mario, of course) che bello, la cara vecchia politica che ascolta la ggente e poi si scanna sugli scranni....
Non so, in tutta sincerità, se fra qualche tempo gli italiani rimpiangeranno il governo Monti. Che ci abbia salvato dal tracollo è pacifico, ma visto che pure gli inglesi, a guerra finita, hanno giubilato Churchill senza neanche fargli finire le riunioni a Potsdam, è difficile dire se noi ricorderemo questi tecnici come una parentesi di saggezza o come una sorta di apnea politico-sociale vissuta sotto la minaccia del fallimento, di fronte alla quale le pretese egoistiche dei vari settori della società e del mondo produttivo hanno dovuto ridimensionarsi. Di sicuro, però, non tutti  quelli che avrebbero dovuto contribuire a rinunciare a parte dei loro privilegi per il Supremo Obiettivo del Rientro nei Limiti della Decenza l'hanno fatto. Voglio dire che quasi certamente non potremo, fra qualche anno, dire di quest'epoca che in essa TUTTI hanno bevuto il loro goccino di olio di ricino (e non osate dire di noi insegnanti che ecc. ecc., noi abbiamo già abbondantemente dato, anche oltre il lecito). Temo addirittura che, se tutta la faccenda di spread e conteria varia si rivelasse per quello che forse è, ovvero una manovra fuffesca attuata dall'economia mondiale per tenere al guinzaglio la politica, un domani potremmo addirittura maledire l'introduzione dell'IMU e la benzina a 1,80 euro.
Sarà, vedremo, ma quello che è certo è che fra qualche mese riprenderà la giostra parlamentare. Gradirei, dall'alto dei miei quasi 900 contatti che ormai fanno di me e della mia Spocchia un think tank di quelli che contano, che si giungesse all'appuntamento elettorale dopo essersi mondati di due riserve mentali che servono solo a creare vuote illusioni nell'opinione pubblica.
1) "Finalmente un governo di politici che farà politica e non ragioneria!". Allora, premesso che il serraglio dei candidati alle prossime elezioni rischia da un lato di riproporre arnesi inguardabili e dall'altro novellini senza nerbo, cerchiamo di essere sinceri con noi stessi: è almeno a partire dagli accordi di Maastricht che la politica europea è interconnessa, e non più per ragioni di opposizione tra blocco atlantico e blocco comunista, bensì per esigenza di coordinare le azioni dei singoli Stati e giungere al bene della Casa Comune che essi formano. La qual cosa ha certo prodotto bizzarre riuscite, specie nella discutibile pretesa che l'unione monetaria avrebbe automaticamente cementato il sentimento comunitario degli europei. Ciò che però è ancora più dirimente è il fatto che non c'è azione politica che ormai non dipenda dalla situazione economica. Prima parla la BCE, dopo, ah, sì,  quella cosa chiamata Parlamento Europeo,  della Commissione si sono perse le tracce, insomma la gerarchia è questa. Ragion per cui, chiunque vada al potere la prossima primavera, non pensi neanche per un minuto di poter proclamare di fronte al popolo l'inizio di un'era in cui la politica si riappropria del suo ruolo di guida dell'Italia, venendo incontro allo spirito degli italiani, senza più interferenze. Siamo sotto controllo, in un modo diverso rispetto alla Guerra fredda, ma sempre controllo è: rassegniamoci al fatto che l'Europa guarda a noi né più né meno come noi docenti assistiamo alla fibrillazione dei nostri alunni quando eleggono i propri rappresentanti di classe. Quale che sia l'esito delle votazioni, il boccino della gestione della classe è nostro, mica loro. Allo stesso modo, le autorità europee ci hanno dettato una precisa agenda di manovre economiche sulle quali non c'è replica. Io continuo a pensare che esse, se applicate con la meccanicità che da più parti si paventa, saranno la miccia che scatenerà una guerra civile, o poco meno; pare però che a Bruxelles e dintorni l'ordine sia inappellabile: anche a costo di fare macelleria sociale, rientrate dal debito; come dire: ti sei ridotto con la media del 4 al 15 di maggio? Chiuditi in casa, uccidi chiunque osi disturbarti, rinuncia a qualsiasi passatempo più impegnativo dell'accensione del forno a microonde e studia. Certo, applicata su scala nazionale, e con ricadute recessive su tutti i ceti sociali, questa modalità di ragionamento può essere ben più deleteria.
2) "Cambiamo legge elettorale, basta col Parlamento dei nominati, ridiamo voce ai cittadini e allora sì che avremo una signora Legislatura!". Ora, che questa legge elettorale sia insopportabile e porti alla creazione di pericolosi e sobillabili eserciti personali come ai tempi di Caio Mario nella guerra contro Giugurta, è palese. Parliamo poi di una legge dichiarata incostituzionale dalla Consulta: ciò farebbe nascere il prossimo Parlamento già morto, visto che di certo la coalizione sconfitta farebbe un maxi-ricorso contro l'applicazione del premio di maggioranza a favore di quella vincente.  Però, suvvia, non fingiamo con noi stessi che la politica italiana esista dall'altro ieri: per tutta la Prima Repubblica abbiamo avuto circa 50 governi in 50 anni, maggioranze parlamentari a dir poco schizoidi e la legge elettorale era la classicissima proporzionale; dopo i referendum del 1993, siamo passati al sistema maggioritario coi collegi uninominali per eleggere il 75% dei parlamentari, più una quota del 25% ancora eletta col proporzionale giusto per non lasciare fuori nessuno; risultato? Il primo governo Berlusconi è caduto dopo 7 mesi, il Prodi 1 dopo due anni e mezzo, il governo D'Alema dopo 2 anni e spicci, il Berlusconi 2001-2006 ha avuto più rimpasti di una torta cucinata da me; tacciamo del Prodi 2 o del Berlusconi 3 (4 per chi considera il 3 nato dopo le regionali del 2005 con le dimissioni subito rientrate del premier, vabbè, siamo lì), sostenuti da un Parlamento nato con l'attuale legge elettorale. E allora, siamo davvero così ingenui da pensare che il problema sia la forma della legge? Se non ce n'è stata una in grado di dar luogo a maggioranze serie in 66 anni, non dovremmo forse iniziare a sospettare che il problema non è lì?  Come già sopra, anche qui la metafora scolastica calza a pennello: noi docenti sorridiamo alquanto quando, ai colloqui coi genitori di alunni obiettivamente deboli e non recuperabili, ci sentiamo dire che "forse è una questione di metodo di studio, magari deve provarne un altro". Può essere, certo. Ma il più delle volte, questo ragionamento è un'autoillusione comprensibilissima del genitore che non si rassegna alla mancanza di talento del figlio per studi di un certo livello. Se al fondo di tutto non c'è, diciamo così, "la sostanza", non esiste "forma", ovvero metodo di studio che possa far emergere ciò che non c'è strutturalmente e che quindi non si può creare dal nulla. Vorremmo cioè far presente al genitore questa scomoda verità: cara signora, non è una questione di riassuntini o schemini a lato del testo, oppure di mappe concettuali sul quaderno, o ancora di colori diversi con cui sottolineare i concetti in ordine di importanza: suo figlio, semplicemente, non capisce un tubo, non è portato per questa scuola. Allo stesso modo, non c'è legge elettorale che possa garantire un certo tipo di rappresentanza se non si cambia la mentalità di coloro che aspirano a un seggio in Parlamento. Non importa se posso esprimere più preferenze o una sola, se la coalizione vincente mi comunicherà il nome del premier prima o dopo le elezioni, se i collegi saranno uninominali o no: quando i candidati sono gente che aspira ad entrare in politica per farsi prima i fatti propri e poi quelli degli amici, quando il loro unico obiettivo è la rendita di posizione vitalizia, non c'è legge elettorale che li renderà migliori. Se la "materia" del Parlamento è marcia sin dalla partenza, non c'è "forma" in grado di evitare lo stillicidio di crisi di governo e ribaltoni, la cui causa remota è sempre l'incapacità dei governi di navigare senza sbattere contro gli scogli sia degli interessi corporativi che tengono sotto ricatto gli eletti sia dei piccoli egoismi di bottega dei parlamentari, convinti spesso che il potere sia la diligenza da assalire per elargire favori alla propria base. Pensare che una legge elettorale sia un filtro in grado DA SOLO di far giungere a Montecitorio e Palazzo Madama dei politici onesti è assurdo tanto quanto illudersi che il figlio scemo impari la storia delle due guerre mondiali mettendosi il libro sotto il cuscino e dormendoci sopra.
Credo insomma che tutto ricada nella capacità di selezione degli organici da parte dei partiti. Forse la figuraccia fatta nel doversi affidare al governo tecnico li spingerà, porcellum o meno, a scegliere con più senno. Sempreché ci sia gente saggia che voglia mettersi in gioco. Se poi chi potrebbe lavorare bene non si propone per timore di non essere all'altezza, è chiaro che si lascerà in mano alle mezze tacche la gestione della politica. Che è poi quello che già una certa persona diceva all'epoca (versi 130 segg.). Fatevi sotto, brava gente, sennò fra un anno saremo qui a fare sempre gli stessi discorsi!

Nessun commento:

Posta un commento