Motto


"Chi scende, non sale; chi sale, non zucchero; chi scende, zucchero".



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domenica 16 dicembre 2012

La Machittevòle Productions presenta: "Lacrime del tramonto", la nuova blognovela per palati esigenti.

Episodio 1: I lamponi nel giardino.

Era una sonnecchiosa mattina laggiù in Chachakunya, ricca contea della provincia de las Rooedas. Nella tenuta dei ricchi Poraponxes, circondata da dodici ettari di bosco ceduo, due piscine oceaniche, otto maneggi per cavalli e un chioschetto di gelati al puffo, l'attività non aveva ancora preso a fervere. Mancava poco, comunque: quel giorno si sarebbe festeggiato il fidanzamento della prima delle 5 figlie del capofamiglia, Ernesto Chualam Sobierto de La Sombra de la Lira, per gli amici Pif, e di sua moglie, donna Bulinda Fabiessa Carcantea, principessa del Kostupoc, per gli amici Wak, donna ora avvenuta, ma un tempo avvenente, che aveva sposato Pif per amore, nonché per le sue delicate poesie a tema gastronomico. La figlia in questione, Derilla Markiunteira Nopejo, aveva studiato presso i migliori collegi dell'Impero, non aveva imparato nulla, ma aveva trovato l'uomo della sua vita. Cioè, a dire il vero ne aveva trovati molti, il maggior numero dei quali era stato l'uomo della vita per circa una notte, però poi, recatasi un bel dì nella biblioteca del Collegio Zuzutrefes per cercare un libro con figure che spiegasse il significato delle parole, aveva incocciato un ragazzone che leggeva al contrario una monografia su Mirò, ma non se n'era accorto. "Che simpatico!", pensò Derilla, convinta di essere un genio se confrontata con lui. Interagire fu un attimo: il ragazzo, Faillor Degunto Zaiaguamo, sfogliava perplesso la monografia borbottando tra sé e a quel punto Derilla gli si avvicinò e, con voce sussurrante, gli disse: "Hai il piede sopra il mio porta-chewingum  d'argento....", porta-chewingum che lei aveva fatto scivolare sotto la di lui estremità appena 5 secondi prima. Il rischio che l'oggetto venisse pestato e forse distrutto era notevole, anche se Derilla avrebbe saputo consolarsi comprandosi subito tre paia di calze da ballo in filo di Scozia trapuntato d'oro zecchino, ma per fortuna il tizio, trasalendo dalla sua profonda lettura, si accorse in tempo del disastro imminente e si scostò. Gli sguardi si incrociarono. Faillor restò di sasso: mai aveva visto prima una ragazza la cui altezza derivava per metà dai doni di madre natura e per l'altra da quello che aveva indosso. Derilla, infatti, aveva scelto una mise di poche pretese, poiché la biblioteca era un posto tutto sommato alla mano, anche se tutti quei libri secondo lei facevano polvere; in ogni caso, la ragazza si era avventurata in quel luogo misterioso indossando un sobrio paio di zeppe di pelle di cammello coccodrillato color ruggine, sopra le quali abitava un discreto paio di gambe fasciato da pantaloni di lino misto a platino, fermati in vita da una cintura di pelle zincata con intarsi di topazio e fibbia d'argento raffigurante Perseo che cavalca Pegaso; il busto emergeva provocante da una camicetta rosso scuro con bottoni di madreperla colorata e gusci di ostrica per tenere fermi i polsini, mentre al collo la ragazza portava un trascurato collier di smeraldi, per tacere dei due orecchini d'oro a forma di ellisse; i capelli, pudicamente raccolti in una coda di cavallo tenuta ferma da un nastro di fibra di giada, erano sormontati da un cappellino a tesa ottenuto da un particolare trattamento delle foglie di palma del Borneo ripassate in un brodo di oro e rubini che consentiva la creazione di pezzi unici, poiché le venature della palma finivano per costituire lo scheletro su cui il cappellino poteva reggersi perfettamente perpendicolare al piano della testa della cliente per cui erano pensati.
Faillor, superato il primo stupore, rispose: "Sono mortificato, mademoiselle, ero distratto dalla lettur....". Le sue parole furono interrotte da un riff di chitarra elettrica modello Dream Theater che risuonò assordante negli augusti e silenti spazi della biblioteca, facendo trasalire gli addetti e provocando un paio di infarti: era la suoneria del cellulare di Derrilla. La fanciulla, senza scomporsi, estrasse l'I-Derrilla- Phone, pezzo unico progettato per lei dalla Apple, poiché il general manager era amico del commercialista del medico della zia di suo padre, e rispose: "Chi ééééééééééééééééé?!?!?!?!?!", mentre gli utenti della biblioteca cominciavano a spazientirsi. Faillor provò con un paio di cauti gesti a far capire alla ragazza che forse era il caso di abbassare la voce, ma lei si irritò e pestò il porta-chewingum, riducendolo in poltiglia. Poi replicò a chi era in linea, presumibilmente una sua amica: "No, ti avevo detto di portarmi il libro di fiabe per mio nipote, ma lo volevo rilegato in cuoio, hai capito, in cuoiooooooooo!!!! E io con te non ci parlo piùùùùùùùùùùù!!!!! Basta, mi hai tradito....no, la rilegatura in pizzo non mi interessa....no no, non ci vieni più alle cene da Squaransito [il ristorante più caro della contea ndr].... no, anche se offri... no no, e poi mi ricordo, sei anni fa ti sei seduta sulla MIA poltrona a casa MIA e non ti sei scusata. Basta, addio!". Chiuso il telefonino con gesto robusto, Derrilla si rivolse a Faillor ringhiosa: "E tu non permetterti di dirmi di stare zitta, chiaro?!?!?", poi gettò a terra il cellulare, che andò in mille pezzi. "Tanto me ne fanno un altro, se voglio!", civettò e uscì dalla biblioteca, fendendo la folla che si era accalcata curiosa ed esasperata. Mezz'ora dopo lei e Faillor si erano fidanzati. Fatti due conti, Derrilla si era accorta che quello era un giorno pari, ma lei aveva litigato con un numero dispari di persone (le ultime erano state il lattaio, l'estetista e il fuciliere), pertanto era necessario riappacificarsi con qualcuno per evitare la sfiga. Faillor, che l'aveva inseguita fino al bar del collegio, la raggiunse mentre era seduta al tavolino più in vista della sala e, prima di sedersi, provò a dire: "Io però.....", ma Derrilla lo stoppò: "Ehi, usciamo insieme stasera? Ho proprio voglia di una Schweppes!". Le due frasi si riferivano ad eventi slegati tra loro, poiché la Schweppes le serviva subito, ma Faillor capì solo la prima ed accettò, benché assai emozionato. Poi si ricordò di aver raccolto dal pavimento della biblioteca i resti del porta-chewingum e li porse a Derrilla, che si inalberò: "Ma come, quella schifezza lì e pretendi che io me la porti a casa? Ma chi credi di essere, ma buttalo via o dallo agli oggetti smarriti, basta, mi hai offesa, ciao!" e si alzò per andarsene. Vide però, in fondo al bar, la sua acerrima nemica Plantierda Cusmafita Gorrendha, che poteva vantarsi di avere a casa i maggiordomi laccati d'oro, e la guardava con un sorrisino provocatorio. Ah, no, pensò Derrilla, davanti a lei no! Si rivoltò verso Faillor e lo slinguazzò alla francese.  
Cominciò così un pittoresco fidanzamento.(1- continua)

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